L’ente che detiene il monopolio nella gestione degli imballaggi in Spagna si profila come un modello di gestione opaco, poco efficiente o ecologico ma molto redditizio.
Pubblichiamo la traduzione di un articolo intitolato “Ecoembes un negocio poco eco” apparso qualche tempo fa su un media indipendente spagnolo che denuncia i limiti del sistema spagnolo di raccolta differenziata degli imballaggi. La gestione degli imballaggi in Spagna ruota intorno a Ecoembes, una società privata senza scopo di lucro che opera in regime di monopolio. Ecoembes, è il compliance scheme spagnolo nato poco più di 20 anni fa in recepimento della Direttiva Europea 94/62/CE sugli imballaggi (e rifiuti di imballaggio) per assolvere al principio dell’EPR di produttori, importatori ed utilizzatori di imballaggi.
Questi ultimi versano un contributo obbligatorio a Ecoembes (in relazione alla quantità di imballaggi che immettono al commercio) che rappresenta la forma di finanziamento che permette all’ente di sostenere economicamente le attività di raccolta differenziata e di riciclo dei rifiuti di imballaggi organizzate dai comuni spagnoli. Quello che sorprendentemente manca, in un paese come la Spagna, è una base di dati a livello nazionale relativa agli imballaggi affidabile che certifichi quanti imballaggi vengono immessi al commercio ogni anno, quanti se ne raccolgono e quanti vengono riciclati o smaltiti. Per il resto molte delle dinamiche descritte nell’articolo non sono, purtroppo, esclusivo appannaggio del compliance scheme spagnolo.
L’ente che detiene il monopolio nella gestione degli imballaggi in Spagna, si profila come un modello di gestione opaco, poco efficiente o ecologico ma molto redditizio.
Nel modello di gestione degli imballaggi adottato dalla Spagna denominato GIS(sistema di gestione integrato) Ecoembes è l’unico soggetto che gestisce l’interazione tra i diversi attori coinvolti: le amministrazioni pubbliche i cittadini e le aziende di riciclaggio.
La città di Valencia, governata da una coalizione formata da Compromís, Podemos e PSOE ha recentemente cercato di attuare un modello misto nella gestione degli imballaggi post consumo integrando il sistema GIS con un sistema di deposito su cauzione per i contenitori di bevande SDDR, Sistema de Depósito, Devolución y Retorno.
Con questo sistema, quando si acquistano bevande viene anticipato un importo corrispondente al deposito su cauzione, incluso nel prezzo di vendita del prodotto, che viene restituito quando si consegna l’imballaggio vuoto.
L’iniziativa del governo locale ha suscitato grande clamore per la violenta opposizione esercitata da Ecoembes. Nonostante il provvedimento fosse mirato a quelle grandi quantità di imballaggi che attualmente vengono abbandonate invece che conferite al sistema di raccolta differenziata per essere riciclati. ” Il deposito su cauzione promuove la raccolta differenziata degli imballaggi, consente migliori percentuali di recupero dei materiali, e apre la strada a un sistema di di riutilizzo dei contenitori che presenta un minore impatto ambientale rispetto al riciclo” ha affermato Alberto Vizcaíno López, autore del blog productordesostenibilidad.es .
Il DRS in vigore nel nostro paese anni fa è attualmente adottato in Germania o in Norvegia con percentuali di raccolta e riciclo di molto superiori alle nostre. “I sondaggi effettuati negli ultimi 40 anni hanno tutti confermato che l’85% dei cittadini vede di buon occhio un ritorno del cauzionamento” spiega Miquel Roset direttore di Retorna un’ ONG che promuove il deposito su cauzione per un miglioramento dell’attuale sistema di raccolta degli imballaggi.
Dei sette milioni di bottiglie consumate ogni giorno a Valencia, solo due milioni finiscono nei contenitori gialli e arrivano agli impianti di riciclo. L’impatto sull’ambiente (la maggior parte dei contenitori finiscono in fondo ai mari) e sull’economia (Ecoembes incassa il contributo ambientale per gestire sette milioni di contenitori e non due) dell’attuale situazione ha spinto il Ministero dell’Agricoltura e dell’Ambiente a lanciare un sistema di deposito su cauzione dal 2018.
Adempiendo così al mandato delle Corti Valenciane che nel settembre dello scorso anno aveva deliberato di affidare al governo autonomo l’attuazione di un sistema di cauzionamento.
Qualcosa però non torna nei dati che Ecoembes dichiara sul tasso di riciclo degli imballaggi del 75% attribuito alla Comunità Valenciana a fronte del 25%che invece risulta alla sua amministrazione.
I dati forniti da Ecoembes suscitano più di qualche dubbio, soprattutto se si considera che l’ente, a seguito dei primi incontri avuti con i funzionari del Ministero dell’Agricoltura e dell’Ambiente della provincia (Conselleria de Agricultura y Medio Ambiente de la Generalitat ) aveva promesso ulteriori sforziper raddoppiare i numeri attuali. Continuano nel frattempo i negoziati tra tutte le parti coinvolte per poter arrivare ad un’introduzione del sistema dal 2018 che si sta valutando di adottare nelle isole Baleari in Catalogna o Navarra seppur con modalità e tempistiche diverse.
Il modello di business di Ecoembes è chiaro: più imballaggi monouso vengono consumati, maggior reddito si ottiene (da contributi ambientali punto verde). “Se un SDDR sottraesse al sistema integrato attuale gli imballaggi maggiormente interessati dal riciclo, le attività di Ecoembes verrebbero colpite gravemente, sia in termini economici che come percentuale di materiale recuperato ” – spiega Vizcaíno – “L’attuale sistema integrato obbliga a conferire nei contenitori gialli imballaggi leggeri di tipologie e materiali diversi al punto da creare ostacoli ad un loro successivo riciclo “.
Anche nel resto della Spagna i dati di Ecoembes non trovano riscontro : “Asturias arriva al 13%, di riciclo, Madrid al 47% … Forse altre comunità autonome che stanno facendo molto bene possono alzare la media, ma come si fa ad arrivare al 75% dichiarato ? Ormai sappiamo che le statistiche ufficiali in materia di rifiuti non coincidono con quelle del settore del packaging “, aggiunge Vizcaino.(1)
Incrociando i dati di vendita annuali presentati dalle aziende si evince che le confezioni di imballaggi per bevande immesse nel mercato si aggirano intorno ai 17 miliardi di pezzi, calcolando i 9 miliardi di confezioni vendute di Coca Cola, i 4,9 miliardi che dichiara l’associazione nazionale delle acque minerali, e via dicendo. Dai 17 miliardi di imballaggi che l’industria dichiara di vendere ai 7 miliardi di cui Ecoembes si assume la responsabilità….
Il simbolo che appare sui contenitori di bevande con le due frecce che si ricorrono che noi identifichiamo come simbolo del riciclaggio, denominato punto verde, indica che l’azienda che ha fatto produrre un determinato imballaggio per confezionare i suoi prodotti ha pagato una tassa per la gestione del suo fine vita. Tale tassa è a carico dei consumatori che acquistano il prodotto. “Noi paghiamo due volte. Quando compriamo un imballaggio soggetto al punto verde, e poi con le bollette per i rifiuti dei comuni”, afferma Alodia Pérez, responsabile della gestione delle risorse naturali e dei rifiuti di Amici della Terra. Il fatto che Ecoembes dispensi molti milioni di euro ogni anno ai comuni (circa 500), rappresenta un grande potere.
“Quello che appare immorale è vedere come il Ministero accetti, almeno pubblicamente, il dato del 70% di riciclo portato da Ecoembes. Nessuno mette alle strette questa azienda che minaccia di andare in bancarotta e di non elargire più contributi economici ai comuni qualora venisse approvato un deposito su cauzione”, aggiunge Roset.