I rivenditori produttori dovranno far fronte a restrizioni nella fornitura di imballaggi che incideranno sui prezzi e risulterà al contempo difficile affrontare le pressioni dei consumatori da una parte e delle normative dall’altra che spingono verso una maggiore sostenibilità. Uno studio della società di consulenza McKinsey indica quattro azioni che possono aiutare anche ad affrontare una domanda di plastiche riciclate a livello globale supererà l’offerta di ben 30 milioni di tonnellate, contro un gap stimato in 5 milioni di tonnellate nel 2022.
Il prossimo decennio sarà cruciale per il raggiungimento delle emissioni nette zero entro il 2050 e per le aziende rendere più sostenibile la maggior parte dei loro imballaggi diventa un imperativo.
Mentre lo scorso anno McKinsey si era rivolto ai produttori di beni di consumo con una serie di azioni da intraprendere per rendere il packaging più sostenibile, lo studio “Reimagine, reuse, recycle: How to reach sustainable packaging targets in retail ” pubblicato nel dicembre 2024 studio si rivolge ai rivenditori che – lavorando con margini spesso ridotti – risultano più vulnerabili ai costi e alle interruzioni di fornitura che incidono sui risultati di vendita.
I retailers più strutturati e ambiziosi hanno in programma di incrementare al 2030 la quota di contenuto riciclato negli imballaggi fino al 50%, ridurre il ricorso alla plastica vergine del 50% e raggiungere il 100% di imballaggi riutilizzabili, riciclabili o compostabili per la gamma di prodotti a marchio privato, sui cui possono esercitare il maggior controllo a partire dalla produzione.
Ma perseguire questi obiettivi ambiziosi non è affatto facile. Secondo l’analisi di McKinsey, la domanda di imballaggi in plastica riciclata post consumo triplicherà entro il 2030 mentre l’offerta di tali materiali dovrebbe solo raddoppiare. Le autorità di regolamentazione di tutto il mondo stanno imponendo una serie di misure mirate alla riduzione degli imballaggi e soprattutto in plastica e i consumatori chiedono sempre più imballaggi sostenibili. Allo stesso tempo una inflazione persistente rende indispensabile la riduzione dei costi.
Sulla base di un lavoro svolto con i principali retailer globali, la società di consulenza ha identificato “quattro azioni coraggiose e strategiche” che si estendono all’intera catena del valore e che invitano i CEO del settore retail, i chief sustainability officer e i chief procurement officer a ripensare il loro approccio al packaging sostenibile. McKinsey sottolinea come nessun tipo di imballaggio – che sia realizzato in plastica, vetro, metallo o carta/cartone – può essere considerato un imballaggio sostenibile al 100%. Tutti questi materiali presentano vantaggi e costi che variano in base all’applicazione, al contesto in cui vengono immessi e ad altri fattori.
Uno dei maggiori miti e ostacoli all’adozione di imballaggi sostenibili da parte dei rivenditori è che siano sempre più costosi rispetto ad altri meno sostenibili quando la realtà è molto più sfumata.
Prendiamo ad esempio la plastica: se tutti i produttori di prodotti confezionati con imballaggi in plastica rispetteranno gli impegni presi sull’incremento del contenuto riciclato la domanda di plastica riciclata (circa 90 milioni di tonnellate) probabilmente supererà di gran lunga l’offerta globale (circa 60 milioni di tonnellate) entro il 2030 (Figura 1). Situazione che provocherà un conseguente aumento dei costi per i produttori di beni contenenti materiali riciclati, in particolare nel settore del packaging, che vedranno così erodere i propri margini.
Ma i produttori/rivenditori non dovranno necessariamente farsi carico di questi costi aggiuntivi nel tempo -ritiene McKinsey- soprattutto se si impegneranno agendo più a monte nella catena del valore, in linea con le quattro azioni che vengono descritte a seguito.
In questo modo, secondo le stime di McKinsey, si potrebbero ridurre i costi per gli imballaggi in plastica del 15% in media e fino al 40% in alcune categorie.
Alcune nostre annotazioni sul gap tra domanda e offerta di riciclati
Prima di passare alla rassegna in breve delle quattro azioni descritte nello studio per prevenire un aggravamento della situazione vogliamo evidenziare il ruolo prioritario che gioca la capacità di intercettazione di un sistema di raccolta degli imballaggi e dell’efficacia della logistica inversa.
Un sistema di raccolta deve avere un tasso di intercettazione vicino al 100% per evitare perdite di materiali preziosi ed una logistica ottimale ( vedi azione nr.4) per garantire il ritorno dei materiali in un processo di riciclo chiuso bottle to bottle. Il problema che abbiamo è che il PET delle bottiglie (ma anche l’alluminio delle lattine) finisce per essere usati in altre applicazioni aumentando il divario tra domanda e offerta. Solamente un sistema di deposito cauzionale ben disegnato in tutti i Paesi che permetta ai produttori di bevande di tornare in possesso delle quantità immesse al mercato può garantire loro di rispettare gli impegni di contenuto riciclato e gli obiettivi della Direttiva SUP (vedi accenno al DRS nell’azione nr.3). Anche per altre categorie di imballaggi è possibile sviluppare circuiti che chiudano il cerchio ispirati al modello a ciclo chiuso dei sistemi cauzionali finalizzati al riuso o riciclo.
Quattro azioni per creare una strategia di packaging più sostenibile
Secondo lo studio i rivenditori hanno l’opportunità unica di diventare veri leader nel settore degli imballaggi sostenibili. Per farlo, devono raccogliere dati completi, eliminare gli ostacoli organizzativi e sviluppare nuovi modi di operare sia internamente che esternamente.
Queste azioni possono anche aiutare i rivenditori a ridurre l’esposizione ai prezzi delle materie prime, ridurre il rischio per la loro catena di fornitura, espandere i flussi di entrate e soddisfare le aspettative dei consumatori, senza far ricadere i maggiori prezzi sui consumatori.
Azione 1: valutare e ottimizzare l’intero portafoglio di imballaggi
“Non si può gestire ciò che non si misura” è il principio che dovrebbe guidare il percorso per creare un portafoglio di imballaggi più sostenibile.
Le organizzazioni devono arrivare con una accurata analisi iniziale ad avere una visione a 360 gradi relativa agli impatti derivanti dai loro imballaggi valutando aspetti correlati come: uso di materie prime, impatti ambientali, cost, formati per ogni singola referenza/articolo. Una volta consolidati i dati, i rivenditori possono identificare le maggiori opportunità all’interno del loro portafoglio di imballaggi, il che aiuterà a definire la strategia di packaging ottimale.
Storicamente i rivenditori non si sono occupati dell’ottimizzazione del packaging dei propri prodotti a marchio privato – che rappresentano una quota crescente del fatturato – perdendo al contempo l’opportunità di applicare le migliori pratiche di confezionamento nei vari mercati.
Per essere in grado di agire sul portafoglio degli imballaggi – secondo McKinsey i rivenditori dovrebbero creare team specifici interdisciplinari dedicati con esperienza sia nella sostenibilità che negli acquisti. Questo team dovrebbe anche essere responsabile della definizione delle linee guida per gli imballaggi (ad esempio, quali materiali utilizzare per ogni prodotto), dell’identificazione dei prodotti da riprogettare e della collaborazione con i fornitori di imballaggi e prodotti per creare nuovi imballaggi.
Azione 2: integrare i principi di sostenibilità nel processo di progettazione degli imballaggi
Una volta che i rivenditori hanno una comprensione completa del loro portafoglio di imballaggi e dei loro impatti, possono sviluppare un piano informato per rendere tutti gli imballaggi futuri più sostenibili. Ciò richiederà l’integrazione dei principi di design per la sostenibilità nel processo di progettazione degli imballaggi, principi che mirano a ridurre al minimo l’uso di materiali non sostenibili, a favorire materiali con la minore impronta ambientale possibile e ad armonizzare un insieme coerente di materiali per categoria, il tutto mantenendo l’esperienza dell’utente in primo piano.
Le leve del design per la sostenibilità includono la riduzione degli imballaggi in eccesso attraverso approcci come lo “skinny design” o la modifica dei formati di imballaggio (ad esempio, alcune aziende produttrici di bevande stanno scegliendo di utilizzare nastri multipack invece di anelli di plastica per le confezioni da sei). Per approvvigionarsi di questi materiali scarsi, come la plastica riciclata, i distributori potrebbero impegnarsi in partnership strategiche.
Azione 3: Creare nuove partnership lungo la catena del valore
Molti rivenditori lavorano con una vasta gamma di fornitori di marchi privati su piccola scala, che tendono a non avere né solide capacità di imballaggio sostenibile né accesso a materiali riciclati. Questo panorama frammentato, che si aggrava ulteriormente nelle aree geografiche prive di sistemi di deposito cauzionale restituzione dei depositi, rende ancora più difficile per i rivenditori creare sistemi di imballaggio a ciclo chiuso. I rivenditori hanno a disposizione ampie opportunità di stabilire partnership o esplorare nuovi modelli di business lungo la catena del valore per assicurarsi forniture altrimenti a rischio, senza pagare un sovrapprezzo.
Tra i potenziali partner vi sono i fornitori di imballaggi, come descritto in precedenza; i gestori dei rifiuti, che possono contribuire a garantire che gli imballaggi usati vengano restituiti al rivenditore per essere riutilizzati o riciclati; e i riciclatori con i quali il rivenditore può co-investire in impianti di riciclaggio o stabilire accordi di offtake (contratti a lungo termine in cui il rivenditore si impegna ad acquistare una determinata quantità di forniture del riciclatore), che consentono al partner per il riciclaggio di investire nella creazione di capacità. I distributori potrebbero anche collaborare con i produttori di beni di consumo confezionati per esplorare nuovi modelli di consumo, come le soluzioni ricaricabili.
Le partnership con i riciclatori sono particolarmente importanti per due motivi principali. In primo luogo, possono aiutare i rivenditori ad assicurarsi l’accesso alle materie prime a prezzi competitivi, che possono poi fornire ai loro fornitori. In secondo luogo, in tutte le aree geografiche, è probabile che i rivenditori sperimentino un collo di bottiglia nella fase di riciclaggio della loro catena del valore, a causa della limitata disponibilità di imballaggi di qualità e della limitata capacità di riciclaggio e delle infrastrutture a supporto del riciclaggio.
Ognuno di questi tipi di partnership è essenziale, ed è ancora meglio quando è articolato su più fronti. Ad esempio, i principali rivenditori si sono recentemente impegnati in partnership con aziende di imballaggio e produttori di materiali avanzati per affrontare il problema dei rifiuti di plastica e aumentare la quota di materiali riciclati che possono utilizzare nei loro imballaggi. Queste partnership rappresentano un cambiamento radicale nel modo in cui i rivenditori e i fornitori di marchi privati fanno affari.
Azione 4: Creare nuove capacità interne
Senza investire nei propri talenti e nelle proprie capacità, tuttavia, è improbabile che un rivenditore possa stabilire con successo un nuovo approccio al packaging sostenibile. Per lavorare bene con nuovi partner come riciclatori, fornitori di imballaggi e gestori di rifiuti, i talenti interni devono sviluppare una profonda comprensione delle complessità tecniche delle tecnologie di imballaggio e riciclaggio. Valutare l’offerta di offtake di un partner di riciclaggio chimico, ad esempio, richiede una profonda conoscenza chimica. Lo sviluppo delle capacità interne, sia attraverso l’assunzione che l’aggiornamento professionale, dovrebbe essere una delle principali priorità.
Gli sforzi per lo sviluppo delle capacità dovrebbero includere anche il potenziamento delle operazioni nei punti vendita. Ciò potrebbe comportare la formazione dei dipendenti del punto vendita su come raccogliere gli imballaggi riciclati e l’investimento in infrastrutture interne al punto vendita, come stazioni di rifornimento-riutilizzo o contenitori per la raccolta degli imballaggi usati.
Anche la logistica inversa è importante per garantire che le materie prime raccolte finiscano nelle mani giuste per un’ulteriore lavorazione lungo la catena del valore. Oggi i rivenditori tendono a gestire la logistica inversa in modo isolato. Sarà fondamentale sincronizzare la logistica inversa con le attività di fornitura e di approvvigionamento in tutta l’azienda.
Infine, i distributori dovrebbero dedicare risorse sufficienti a comprendere il panorama normativo degli imballaggi circolari, che sta diventando sempre più complesso. Un rivenditore farebbe bene a creare canali di comunicazione e coordinamento tra i team internazionali per discutere gli sviluppi normativi e condividere le best practice.
Affrontare la sfida degli imballaggi sostenibile in modo olistico offre ai rivenditori la possibilità di ottenere risparmi sui costi e di incrementare i guadagni, di raggiungere gli obiettivi di sostenibilità e di rafforzare la fedeltà dei consumatori: una tripletta vincente. Ma i dirigenti del settore devono cogliere subito l’opportunità prima che i costi degli imballaggi diventino proibitivi. Il tempo stringe.