Decarbonizzazione degli imballaggi per bevande: improbabile raggiungere gli obiettivi climatici

Un nuovo studio ha rilevato che l’industria europea che utilizza imballaggi per bevande difficilmente raggiungerà gli obiettivi climatici con il rischio di non riuscire ad azzerare le emissioni di carbonio per nessuno dei materiali considerati nell’analisi (vetro, PET, alluminio). Secondo lo studio, per decarbonizzare il settore dei contenitori per bevande sarà necessario sviluppare sistemi di riuso, aumentare i tassi di riciclo, e soprattutto ridurre la domanda di materiali.  

Lo studio “Decarbonisation of Single-Use Beverage Packaging: Investigating 1.5°C future by 2050” è stato commissionato da Zero Waste Europe alla società di consulenza Eunomia per valutare le possibilità di raggiungimento degli obiettivi Net zero da parte dell’industria dei contenitori monouso per bevande, in linea con l’accordo di Parigi che si propone di contenere l’aumento della temperatura globale a 1,5°C.

Secondo lo studio anche in assenza di una crescita del consumo di bevande (e contenitori) è improbabile che l’industria europea del settore raggiunga questi obiettivi, con uno sforamento di almeno il 50% delle quote di carbonio assegnato per i tre materiali. Il vetro monouso del +200%, seguito da PET (+150%) e alluminio (+50%).

Il vetro monouso è quello che deve superare i maggiori ostacoli verso la decarbonizzazione anche se tutti e tre i materiali devono affrontare sfide significative per eliminare o ridurre le emissioni globali di gas a effetto serra (GHG) derivanti dalla loro produzione, che mettono pertanto a rischio il raggiungimento delle emissioni nette zero entro il 2050.

La Figura illustra le emissioni cumulative di gas serra di ciascun materiale rispetto al budget allineato a 1,5°C, compreso il budget combinato per gli imballaggi per bevande che utilizzano questi tre materiali.

La riduzione della domanda è una priorità assoluta

Gli autori hanno anche identificato le principali sfide per ogni materiale. Nel caso dei contenitori PET, sarebbe opportuna una transizione della filiera verso materie prime a base biologica, ma sussistono ancora limiti tecnologici alla sostituzione delle plastiche fossili.

Nel caso dell’alluminio delle lattine, il passaggio alla fusione con energia verde richiede investimenti rilevanti a causa del suo elevato fabbisogno energetico. Infine, per il vetro, l’elettrificazione dei forni imporrà un costoso e radicale aggiornamento delle infrastrutture o una graduale sostituzione dei sistemi esistenti; nonostante gli sforzi che saranno intrapresi la produzione di vetro continuerà ad avere un elevato consumo energetico.

Lo studio ha messo in evidenza come le emissioni di gas serra per unità di materiale di imballaggio sono costantemente 3-4 volte superiori per le bottiglie di vetro rispetto all’alluminio e al PET lungo tutto il percorso di decarbonizzazione.

Gli autori notano che per far sì che l’industria europea possa raggiungere gli obiettivi di zero emissioni sono necessari degli investimenti in tecnologia, uno sviluppo in parallelo dei sistemi di riutilizzo dei contenitori e dovrà aumentare il riciclo dei materiali. Ma tutto ciò non basterà se non avverrà al contempo una riduzione della domanda.

Il regolamento UE su imballaggi e la necessità di sviluppare il riuso

Secondo Zero Waste Europe, i risultati dello studio sono particolarmente rilevanti nel contesto dell’attuale revisione del Regolamento UE sugli imballaggi e i rifiuti di imballaggio (PPWR). “Questa ricerca dimostra che la politica dell’UE in materia di imballaggi non è in grado di realizzare l’agenda Net Zero“, ha dichiarato Aline Maigret, responsabile delle politiche di Zero Waste Europe. “L’uso complessivo di materiali deve essere ridotto in tutte le categorie di imballaggi e questo depone a favore di obiettivi ambiziosi di prevenzione e riutilizzo. Inoltre, l’impronta di carbonio incredibilmente elevata del vetro lo rende inadatto alle applicazioni monouso. Il nuovo PPWR dovrebbe pianificare una transizione dei materiali dal monouso in generale, ma con particolare attenzione al vetro e al PET“.

Simon Hann, consulente principale di Eunomia Research & Consulting e principale autore del rapporto, ha dichiarato: “È fondamentale dare la priorità al processo decisionale a lungo termine e riconoscere che il processo per raggiungere l’obiettivo Net Zero è importante quanto il momento. Il nostro studio evidenzia l’efficacia dell’impiego di una metodologia di carbon budgeting per identificare gli approcci più validi per raggiungere questo obiettivo. Esaminando i contenitori per bevande, risulta evidente la necessità di adottare un approccio più strategico al processo decisionale che tenga conto delle implicazioni future. I nostri risultati indicano che giustificare l’uso continuato del vetro monouso, in particolare, diventerà sempre più difficile, nonostante gli ostacoli incontrati dai materiali alternativi.

L’importanza di ridurre la domanda di materiali e sviluppare sistemi di riuso

Nella sezione delle raccomandazioni da parte degli autori si legge i risultati delle analisi mostrano che la sfida alla decarbonizzazione del settore delle bevande risiede nel fatto che tutti i materiali oggetto dello studio (vetro, PET, alluminio) richiedono investimenti tecnologici significativi per la transizione verso il Net Zero. Al tempo stesso risulta evidente che per raggiungere la neutralità climatica la riduzione della domanda di materiali dovrebbe essere una priorità assoluta.

Gli autori dello studio notano che nell’ambito degli attuali modelli di business in un’economia guidata dal mercato una riduzione della domanda suscita preoccupazione e quindi diviene fondamentale spostare l’attenzione dalla pura quantità di materiale venduto al valore che ne può derivare. L’approccio più promettente a questo proposito può avvenire proprio con lo sviluppo di sistemi di riutilizzo dei contenitori per bevande in cui ogni ciclo di utilizzo o rotazione effettuata da un contenitore non monouso genera fatturato senza consumo di nuovo materiale. Al tempo stesso, rilevano gli autori, è importante garantire che la riduzione della domanda di materiali non si traduca in un trasferimento dei carichi emissivi su altri settori inclusi quelli al di fuori della produzione di materiali.

L’analisi mostra che sia il PET che l’alluminio offrono opzioni più convincenti rispetto al vetro nelle applicazioni monouso, e che da un punto di vista puramente climatico, il passaggio a questi materiali potrebbe essere preferibile. Tuttavia, la riduzione della domanda di vetro presenta delle sfide, poiché la riduzione del peso può arrivare solo fino a un certo punto. Dato che il vetro si presta molto bene al riutilizzo, l’adozione di un sistema che promuova il riutilizzo potrebbe ridurre significativamente la domanda di vetro in termini di massa a fronte di diversi utilizzi e rotazioni possibili per ogni contenitore. Pertanto, raccomandano gli autori, sarebbe opportuno che le politiche di decarbonizzazione dei diversi contenitori tengano conto dell’opzione del riutilizzo includendo nelle valutazioni di impatto il loro intero ciclo di vita, poiché gli impatti dei sistemi di riutilizzo si estendono oltre all’uso dei materiali.

Studi olistici in tal senso possono fornire una comprensione più completa e in particolare quando gli impatti ambientali si spostano dall’uso dei materiali al consumo di energia, come avviene, appunto, nei sistemi di riutilizzo in cui si riduce il consumo di materiali ma si aumentano le attività di logistica e di trasporto. Questo particolare aspetto merita ulteriori indagini nell’ambito di sforzi mirati ad ottimizzare i sistemi di riutilizzo.

Tra le raccomandazioni degli autori c’è inoltre quella di condurre studi comparativi sulle varie opzioni che considerino percorsi di decarbonizzazione proiettati sul lungo periodo e non solamente focalizzati sul momento o sul breve periodo come è consuetudine.

Alcune annotazioni a margine

Curiosamente l’attuale testo del PPWR non prevede misure e obiettivi per gli imballaggi monouso che sono quelli maggiormente impattanti sul clima. Il vetro risulta esentato dal raggiungimento vincolante di obiettivi di raccolta al 90% che di contenuto riciclato che dall’adesione ai sistemi di deposito cauzionale. Quindi un primo passo sarebbe quello di chiedere invece condizioni di parità per tutti i materiali con gli stessi obiettivi di raccolta e contenuto riciclato. Situazione che permetterebbe di fissare obiettivi di prevenzione dei rifiuti specifici per i materiali proporzionati all’impatto ambientale per unità.

Paradossalmente le tre importanti votazioni sugli emendamenti alla proposta di Regolamento su imballaggi e rifiuti da imballaggio, rispettivamente presso la Commissione per l’industria, la ricerca e la scienza (ITRE), la Commissione per il mercato interno e la protezione dei consumatori (IMCO) e la Commissione per l’agricoltura e lo sviluppo rurale (AGRI) che si sono tenute in settimana al Parlamento europeo mostrano nei fatti di volere perseguire una direzione opposta rispetto alle raccomandazioni dello studio.

Tutte e tre le commissioni hanno approvato gli emendamenti presentati dai relatori, che modificano in alcuni punti anche in modo radicale il testo proposto dalla Commissione europea. La relazione presentata alla commissione ITRE dalla deputata italiana Patrizia Toia cancella gli obiettivi di riutilizzo per il settore Horeca e tutti quelli di riutilizzo al 2040, indipendentemente dal settore, il deposito su cauzione per i paesi che non raggiungono il 90% di intercettazione per bottiglie in plastica e lattine e riduce quasi tutte le misure del testo del regolamento contro la proliferazione degli imballaggi superflui.

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