Simona Fontana – Direttrice generale CONAI : “il DRS è una moda“
Simona Fontana ha ribadito l’importanza di un approccio basato sui dati per il Conai “L’attenzione e l’accuratezza dei dati per noi è un valore. Il sistema Italia ha dimostrato di essere uno tra i più affidabili nel fornire informazioni all’Unione Europea“. Secondo la direttrice del Conai i dati in loro possesso dicono che l’Italia, con un’intercettazione del 70% per le bottiglie in PET, non avrà problemi nel raggiungere obiettivi della Direttiva SUP, essendo il tema già oggetto di tavoli di discussioni da due anni, con attività già messe in campo sui territori per arrivare all’obiettivo. Quello che manca, afferma Fontana, sono le 60-70 mila ton che finiscono nel rifiuto indifferenziato recuperabili spingendo “sulla corretta raccolta differenziata”. Fontana conclude l’intervento con una similitudine chiedendosi se “possa avere senso cambiare una casa vecchia per una nuova, e a spese di chi, per seguire la moda del momento” Ovvero lasciare una strada che ha consentito all’Italia di conseguire gli obiettivi attuali per adottare un modello che deve coesistere con il sistema attuale EPR “andando ad aumentare gli impatti economici e ambientali“.
La Campagna “A Buon Rendere”, condividendo l’importanza di un confronto sulla base di numeri ed evidenze chiede infatti, dal momento del suo lancio nel 2022, un confronto tra studi che valutino l’impatto di un DRS in quanto ritiene che il tempo stringa, ed è sulla fattibilità in Italia che bisogna concentrare gli sforzi disegnando un sistema adatto alle caratteristiche del nostro paese. Tuttavia ad oggi l’unico studio a disposizione che valuti l’impatto di un DRS in Italia, oltre a quello prodotto dalla campagna, è lo studio “I contenitori per le bevande analcoliche verso l’economia circolare ” commissionato da Assobibe alla Fondazione per lo Sviluppo sostenibile nel 2020.
Sull’attendibilità dei numeri forniti all’Europa ai fini del computo dell’importo della Plastic Tax è uscita recentemente una relazione della Corte dei Conti dal titolo : “Entrate dell’UE basate sui rifiuti di imballaggio di plastica non riciclati”
Se è vero che esiste un consenso unanime sul fatto che la raccolta differenziata non sia il fine, ma il mezzo per massimizzare il riciclo, e se è l’Italia il paese nel quale il 58% degli imballaggi in plastica raccolti non ha un valore di mercato, al punto che è necessario compensare i riciclatori perché accettino questi flussi, forse abbiamo un problema che esula in parte dal tema del DRS, ma che pone interrogativi sulla misurazione delle performance di raccolta e riciclo (vedasi più avanti sul punto della metodologia di calcolo adotta per misurare il tasso di raccolta delle bottiglie in PET ai fini SUP **). Nel corso di audit svolti in tre Stati membri, tra cui l’Italia, i membri della Corte hanno rilevato un controllo insufficiente sulle operazioni di riciclo e il “rischio molto elevato che i riciclatori non sottopongano a operazioni di trattamento i rifiuti di imballaggio di plastica ricevuti”, visto che in uno dei Paesi visitati “per la maggior parte della plastica inviata ai riciclatori, non vi era uno sbocco di mercato economicamente sostenibile“. Nel report gli auditor dell’Ue sollevano dubbi anche sui rifiuti esportati fuori dall’Unione, rispetto ai quali gli Stati membri “non sono attualmente in grado di verificare” se vengano riciclati “in condizioni ampiamente equivalenti ai requisiti previsti dalla normativa dell’Ue”. Rispetto ai dati forniti dalla maggior parte degli Stati membri che si avvale della deroga riguardante il punto di calcolo – si legge nel report – i rifiuti non vengono misurati all’atto di immissione in un’operazione di riciclaggio, bensì solo in uscita dall’operazione di cernita. Pertanto, non vi sono garanzie sufficienti che i rifiuti dichiarati dai riciclatori come ricevuti siano di fatto sottoposti a trattamento.
Alla luce di questa situazione l’affiancamento di un DRS alla raccolta differenziata tradizionale dovrebbe essere visto come una risorsa, e non un problema. Gli imballaggi per bevande che oggi causano alle comunità dei costi verrebbero così gestiti da un sistema cauzionale che li intercetterebbe sino al 98% per un sicuro riciclo closed-loop, riducendo così drasticamente il littering e i costi di smaltimento per quei contenitori che finiscono nell’indifferenziato che, ricordiamo, vengono sostenuti al 100% dai Comuni.
Agata Fortunato – Responsabile Ciclo integrato dei rifiuti città metropolitana Torino
Agata Fortunato nel ricordare che la città metropolitana di Torino, la più grande d’Italia con 313 comuni è stata la prima città metropolitana ad aderire alla campagna “A Buon Rendere” ha condiviso i risultati di una campagna di analisi merceologiche sulla presenza di rifiuti riciclabili nel rifiuto indifferenziato condotta in alcuni Comuni del torinese. L’analisi ha coinvolto un bacino di Comuni con raccolta differenziata domiciliare, con un tasso di raccolta differenziata del 65% e con una presenza di eco-compattatori. Da un focus sui contenitori per bevande è emerso che anche nei territori di studio con sistemi di raccolta maturi, la dispersione di bottiglie e lattine nel rifiuto indifferenziato non è residuale.