Pochi centesimi di sovrapprezzo che vengono restituiti all’acquirente quando riporta le bottiglie vuote, dove le ha comprate o presso appositi centri di raccolta. Un’abitudine che abbiamo perso e che permette di risparmiare milioni in petrolio e di riciclare materiali
Giuditta Mosca
In Italia era in voga a partire dagli anni Sessanta e veniva comunemente chiamato “vuoto a rendere”. Un piccolo sovrapprezzo, di fatto un deposito cauzionale di poche lire, applicato al prezzo delle bevande in bottiglia, che veniva restituito al cliente nel momento in cui riportava appunto il contenitore di vetro al negoziante. Un metodo poco impegnativo (quanto efficace ndr) per garantire il riutilizzo delle bottiglie.
A ottobre del 2021 il governo è stato sollecitato a reinserire il vuoto a rendere, mediante un appello promosso dall’associazione Comuni Virtuosi, A Sud Onlus, Altroconsumo, Greenpeace, Kyoto Club, Lav, Legambiente, Lipu-Bird Life Italia, Oxfam, Mare Vivo, Pro Natura, Slow Food, Touring Club Italia, Wwf e Zero Waste Italy.
Unesda associazione con base a Bruxelles che promuove gli interessi dei consumatori e dei produttori di bevande analcoliche, si sta muovendo nella stessa direzione rivolgendosi però all’Unione europea. Fa parte di Unesda anche l’Associazione italiana industria bevande analcoliche, Assobibe.
In Italia, in assenza di un sistema di deposito cauzionale, nel 2017 è stato riciclato il 47% del Pet usato, ossia la metà circa di quanto ne è stato riciclato in Germania (95%), in Finlandia o in Lituania (entrambe al 92%), nazioni in cui il vuoto a rendere è entrato nelle abitudini dei consumatori.
Non ci sono soltanto le plastiche, anche vetro e lattine possono fare maggiore breccia nel cuore del riciclo. Il rapporto internazionale What We Waste, limitandosi ai dati italiani, stima che ogni anno vadano sprecati 7,3 miliardi di contenitori, ossia 119 pro-capite.
I vantaggi del vuoto a rendere
I vantaggi sono di varia natura. Con il deposito cauzionale, i consumatori sono più consapevoli e impegnati. Una consapevolezza che può impattare positivamente non soltanto sui contenitori a cui normalmente è applicato, ma può conferire maggiore attenzione anche nel trattare ogni tipo di scarto e rifiuto.
Le ricadute positive sull’ambiente sono nette. Il grafico sotto, ( vai all’ articolo originale) che si limita al Pet in Europa, dimostra che nei Paesi in cui vige il vuoto a rendere le percentuali di riciclo sono molto più alte.
Il futuro del deposito cauzionale
Nonostante gli insuccessi recenti, l’Associazione dei comuni virtuosi ha lanciato un sondaggio dal quale risulta che l‘83% degli intervistati è favorevole alla reintroduzione del deposito cauzionale. “Il vuoto a rendere per certi prodotti sarà necessario, spiega Quagliuolo, perché dobbiamo raggiungere gli obiettivi dell’Ue che, per quanto riguarda la plastica, impongono una raccolta per il riciclo del 90% entro il 2029 e, senza una politica adatta sarà difficile arrivarci, fanno fatica anche i Paesi che hanno già il vuoto a rendere”. (1)
Cosa succede all’estero
Il deposito cauzionale è attuale nei Paesi dell’Europa del Nord e anche in Croazia, Estonia, Lituania, Repubblica Ceca, Ungheria e Svizzera. In Germania la legge che lo disciplina è del 2006. Per le bottiglie che non possono essere riciclate il deposito è di 25 centesimi di euro, per quelle in plastica rigida è di 15 centesimi e per quelle di vetro varia dagli 8 ai 15 centesimi.
In Germania, dal 2003, si usa il metodo “Pfand” (letteralmente “deposito”) incentrato anche sull’uso di apposite macchine nelle quali inserire bottiglie e lattine in cambio di un buono acquisto di importo pari al deposito cauzionale. In Svizzera, a partire dagli anni Novanta e per circa un decennio, si è diffuso il sistema Luckycan (letteralmente “lattina fortunata”), delle “slot machine” dislocate spesso in prossimità dei centri commerciali nelle quali inserire lattine e vincere dei premi, tra buoni sconto, orologi da polso, biglietti per il cinema e altro ancora.
Leggi l’articolo completo di Green&Blue La Repubblica.
(1) Ndr. I paesi che hanno un DRS finalizzato al riciclo in Europa hanno già tutti superato (da tempo) il 90% di intercettazione per le bottiglie in PET , obiettivo della Direttiva SUP al 2029. Quagliuolo nell’intervista intendeva con “paesi che faticano” quei paesi che in essere solamente dei sistemi volontari di vuoto a rendere per bevande con ricarica, e non un DRS . Tali sistemi funzionano principalmente per le bottiglie in vetro e non sono equiparabili ad un DRS di portata nazionale e obbligatorio per tutte le tipologie di contenitori di bevande. Maggiori info qui .