Analisi delle obiezioni più ricorrenti in Italia rispetto all’adozione di un DRS

Non abbiamo bisogno di un DRS perché non porterebbe benefici ambientali rilevanti rispetto al modello in uso

Tale affermazione appare completamente scollegata dalla realtà ed è affetta da tre principali bias:

  1. I numeri relativi alle attuali performances di intercettazione delle bottiglie in PET per bevande (già sensibilmente inferiori a quelli ottenibili grazie all’introduzione di un DRS) non tengono conto delle perdite consistenti che si verificano negli impianti di selezione prima e, successivamente, negli impianti di riciclo;
  2. Si trascurano del tutto gli impatti negativi legati al diffuso fenomeno del littering ovvero dell’abbandono dei contenitori per bevande nell’ambiente;
  3. Si trascurano i benefici ambientali legati al riciclo in “closed-loop” ovvero da bottiglia a bottiglia, che consentono al materiale di rimanere molto più a lungo nella catena del valore, riducendo il consumo di materie prime e di energia.

Aumento del quantitativo di plastica riciclata

Secondo lo studio di Eunomia, l’introduzione di un DRS migliorerebbe significativamente la raccolta ed il riciclo dei contenitori per bevande in plastica. Utilizzando i dati disponibili al momento dello studio, la percentuale di avvio a riciclo salirebbe dal 61,5% al 94,4%, con un incremento di circa il 33%. Contestualmente, il risparmio annuale di emissioni di gas serra associato supererebbe le 600.000 tonnellate di CO2eq. Come già evidenziato in precedenza, inoltre, utilizzando i nuovi dati forniti da CONAI sull’attuale tasso di intercettazione delle bottiglie in PET per bevande, al netto dei quantitativi di bottiglie disperse nel plasmix, l’aumento del tasso di avvio a riciclo in presenza di un DRS sarebbe ancora superiore, pari a quasi 40 punti percentuali (dal 57% al 94,4%). Non poco per un paese che, solo di acqua minerale, consuma quasi 15 miliardi di litri di acqua confezionata all’anno (di cui oltre l’80% in PET) e che produce oltre 400 mila ton. di rifiuti di bottiglie in PET per bevande.

Riduzione del fenomeno del littering

Come evidenziato nello studio di Eunomia, un significativo beneficio ambientale derivante dall’introduzione di un sistema DRS è costituito dalla riduzione drastica della quantità di rifiuti dispersi nell’ambiente e sulle spiagge. Il fenomeno del littering, specie per i contenitori monouso in plastica per bevande è un fenomeno ampiamente diffuso nel nostro paese, principalmente legato al consumo “on-the go” di acqua ed altre bevande provenienti dal circuito HORECA. Il littering è al tempo stesso un problema ambientale (perché disperde materiali preziosi sottraendoli al circuito economico e per i suoi impatti sulla fauna selvatica), economico (per i costi legati alle operazioni di raccolta e smaltimento dei rifiuti dispersi, ma anche e soprattutto per gli impatti negativi sul turismo) e sociale (perché determina un peggioramento della qualità dell’ambiente naturale, contribuendo al peggioramento della qualità della vita). Nello studio in questione, la determinazione dei benefici derivanti dall’introduzione di un DRS sulla riduzione del littering è stata effettuata quantificando in termini economici il potenziale di riduzione della “disamenità” generata dall’abbandono nell’ambiente dei contenitori per bevande, ovvero del danno economico associato, come percepito dai cittadini. Sulla base degli studi presenti in letteratura e della relativa metodologia di calcolo descritta nello studio, tale valore raggiunge quasi 4 miliardi di euro (3,87).

Closed-loop recycling

Diversamente dall’rPET derivante dalla raccolta congiunta delle bottiglie in PET per bevande con altre tipologie di rifiuti, l’rPET derivante dalle bottiglie intercettate attraverso un DRS è idoneo al contatto con alimenti e può essere impiegato per la fabbricazione di nuove bottiglie. I vantaggi ambientali del riciclo in “closed-loop” (da bottiglia a bottiglia in questo caso) rispetto all’”open-loop” ovvero in campi di applicazione diversi e generalmente di minor valore (es. fibre tessili sintetiche) sono riconducibili all’aumento del tasso di circolarità dei materiali, ovvero al numero di volte che il materiale viene re-impiegato nel ciclo economico, riducendo, ad ogni rotazione, l’utilizzo di materie prime ed energia necessarie per la produzione dello stesso materiale da materie prime vergini. La preferibilità ambientale del riciclo delle bottiglie in closed-loop è un dato di fatto, non un’opinione, una evidenza data per scontata anche da Plastics Europe e dalla British Plastics Federation, solo per fare due esempi.

Non vogliamo un DRS perché sarebbe troppo costoso per produttori e distributori

In un Paese come l’Italia, afferma il CONAI, l’introduzione di un DRS comporterebbe la necessità di distribuire capillarmente sul territorio nazionale circa 100.000 Reverse Vending Machine, “per un investimento iniziale di circa 2,3 miliardi di euro, e un costo di gestione di circa 350 milioni di euro all’anno”.

Le analisi condotte da Eunomia a partire dai casi reali di sistemi DRS già attivi negli altri paesi e tenuto conto degli elementi che caratterizzano la specificità italiana, restituiscono numeri ben diversi: il quantitativo di RVM che sarebbe necessario installare nel nostro paese sarebbe 4 volte inferiore (25.000 unità); il costo annuo lordo dell’introduzione di un DRS in Italia ammonterebbe a 641,8 milioni di euro. I ricavi dalla vendita dei materiali raccolti per il riciclo e i depositi non riscossi compenserebbero buona parte di questo costo annuo lordo, fornendo rispettivamente un contributo di 232,4 milioni di euro (circa il 36% dei costi di gestione) e 328 milioni di euro (circa il 51% dei costi di gestione). I produttori pagherebbero quindi la differenza, con un costo netto stimato di 81,4 milioni di euro (circa il 13% dei costi di gestione). Parallelamente, l’importo della “Plastic tax” versata annualmente dall’Italia (e quindi da tutti i contribuenti) nella casse europee per i rifiuti di imballaggio in plastica non riciclati si ridurrebbe di circa 100 milioni di euro grazie all’aumento del tasso di riciclo effettivo delle sole bottiglie in PET per bevande conseguente l’introduzione del DRS.

I rivenditori che ospitano i punti di raccolta del DRS sarebbero ricompensati economicamente tramite le cd. commissioni di gestione. L’installazione, l’acquisto o il noleggio delle RVM e l’eventuale manutenzione comportano infatti dei costi, ai quali si aggiungono i costi riconducibili allo spazio occupato dalla macchina e dall’area di stoccaggio dei rifiuti. Le commissioni di gestione (per contenitore restituito) per i rivenditori che acquistano e mettono a disposizione una RVM sono stimati nell’ordine di 3,50 centesimi, 2,99 centesimi e 4,23 centesimi per plastica, metallo e vetro. Per i rivenditori che gestiscono punti di restituzione manuali, la commissione di gestione è stimata, rispettivamente, intorno ai 3,31, 1,86 e 3,37 centesimi per contenitore restituito. In entrambi i casi, la commissione di gestione viene coperta dal gestore del DRS mediante i ricavi dalla vendita dei materiali, i depositi non riscattati e, in quota marginale, tramite il contributo EPR.  Con un tasso di raccolta del 90%, la stima delle commissioni di gestione totali pagate a tutti i rivenditori obbligati ammonta a circa 419 milioni di euro, di cui 389,3 milioni di euro verrebbero versati ai rivenditori con RVM e 29,7 milioni di euro ai rivenditori con punti di raccolta manuali, in considerazione del quantitativo molto più elevato di contenitori intercettati dai primi rispetto ai secondi.

Non vogliamo un DRS perché fa diminuire il consumo (e quindi la vendita) di bevande

Uno studio pubblicato a Luglio 2023 da CRI (Container Recycling Institute) e Reloop non ha riscontrato alcuna evidenza definitiva circa un eventuale impatto sulle vendite derivante all’introduzione un sistema di deposito cauzionale per contenitori di bevande. Lo studio, intitolato The Impact of Deposit Return Systems on Beverage Sales utilizza dati reali provenienti da quasi una dozzina di mercati DRS in tutto il mondo, confrontando le vendite prima e dopo l’introduzione o l’ampliamento dei sistemi DRS, e a seguito di un aumento dell’importo della cauzione.

Non vogliamo un DRS perché farebbe aumentare i costi della TARI per i Comuni

Premesso che non ci risultano dichiarazioni pubbliche da parte di ANCI (l’Associazione nazionale dei Comuni Italiani) e tantomeno studi che supportano tale affermazione, va detto che la valutazione dell’impatto economico sui comuni dell’introduzione di un DRS per contenitori monouso per bevande è un esercizio tutt’altro che semplice, considerata la complessità del sistema italiano e la molteplicità di fattori che concorrono alla determinazione del costo complessivo del servizio di gestione dei rifiuti urbani da ripartire tra cittadini e imprese attraverso la TARI o la tariffa corrispettiva.

Tale narrativa, coglie un solo elemento di tale complessità, ovvero la perdita dei corrispettivi economici riconosciuti dai sistemi collettivi ai Comuni (nel quadro degli obblighi in materia di responsabilità estesa del produttore) causata dalla riduzione dei quantitativi di rifiuti raccolti in maniera differenziata e conferiti in convenzione. Il sistema DRS, infatti, andrà ad intercettare parte dei rifiuti precedentemente conferiti nella raccolta differenziata tradizionale e valorizzati attraverso i sistemi EPR in maniera più o meno marcata rispetto alle performance di raccolta differenziata dei singoli territori.

Un’analisi un po’ più onesta e accurata dovrebbe quantomeno tener conto di una serie di elementi ulteriori:

  • I corrispettivi economici riconosciuti dai sistemi collettivi coprono solo in parte i costi di raccolta differenziata dei rifiuti di imballaggio: secondo una stima preliminare condotta da ARERA (DCO 214/2023/R/RIF), la copertura media su base nazionale e per tutte le tipologie di rifiuti di imballaggio è di circa il 42% (con variazioni territoriali che vanno da meno del 10% a oltre l’80%);
  • I corrispettivi economici riconosciuti dai sistemi collettivi vengono solo in parte incamerati dai Comuni, in quanto soggetti al meccanismo di “sharing dei proventi” introdotto dalla regolazione ARERA. Secondo tale meccanismo, la percentuale dei ricavi trattenuta dall’azienda di gestione dei rifiuti può variare dal 16% al 67% (dal 34% al 67% in caso di elevate prestazioni di raccolta differenziata e dal 16% al 58% in caso di basse prestazioni di raccolta differenziata). La quota dei ricavi derivanti dalla valorizzazione dei rifiuti di imballaggio sul mercato trattenuta dall’azienda di gestione dei rifiuti è ancora più alta, e va dal 40% al 70%.
  • La riduzione del littering e del conferimento dei rifiuti nei cestini stradali (legato alla somministrazione di bevande per il consumo “to-go”) conseguente l’introduzione di un DRS contribuisce a ridurre i costi di spazzamento, pulizia, raccolta e smaltimento di tali frazioni. (I cestini stradali in particolare dovrebbero registrare tassi di riempimento più bassi, dato che i contenitori per bevande verrebbero restituiti nei punti di raccolta dedicati).
  • l’introduzione di un DRS avrebbe ripercussioni economiche non trascurabili anche sui costi di raccolta, trasporto, trattamento e smaltimento dei rifiuti urbani, ivi inclusi:
    • i costi di raccolta, trasporto, trattamento e smaltimento dei rifiuti residui (che attualmente comprendono anche una quota di materiali che verrebbero intercettati dal DRS);
    • i costi di raccolta, trasporto e trattamento (eg. selezione multimateriale, cernita, pre-pulizia, pre-trattamento) dei rifiuti da raccolta differenziata (che, parimenti, comprendono anche una quota di materiali che verrebbero intercettati dal DRS);

Pur tenendo conto della rigidità strutturale dei costi legati ai servizi di gestione dei rifiuti urbani, lo studio Eunomia calcola:

  • un risparmio per i Comuni pari ad almeno 30 milioni di euro per i soli costi di smaltimento/incenerimento dei contenitori per bevande (in PET, vetro e metallo) attualmente raccolti nei rifiuti indifferenziati che verrebbero intercettati mediante DRS. Tale stima non considera i risparmi derivanti da eventuali processi di pretrattamento del rifiuto indifferenziato (es. il passaggio in impianti di trattamento meccanico-biologico) e assume, in maniera conservativa, che la riduzione dei rifiuti indifferenziati non incida sui costi complessivi di raccolta, trasporto e stoccaggio preliminare.
  • una riduzione dei soli costi operativi di raccolta differenziata di 17,5 milioni di euro, 0,7 milioni di euro e 23,9 milioni di euro rispettivamente per plastica, metallo e vetro ipotizzando un risparmio proporzionale al 25% della riduzione dei volumi, e senza considerare i costi di cernita preliminare, selezione multimateriale, prepulizia. Una riduzione del volume di rifiuti che i comuni devono gestire può infatti offrire l’opportunità di risparmiare sui costi aumentando l’efficienza dei giri di raccolta dei rifiuti conferiti in raccolta differenziata o modificando gli intervalli di raccolta. Questi risparmi, sottolinea lo studio, non potranno essere realizzati ovunque e saranno più significativi quando si potranno ridurre gli intervalli di raccolta (o, più probabilmente, il numero e il volume dei veicoli), il che è più probabile che accada nei comuni più grandi.
  • un costo per i comuni italiani riconducibile ai contenitori per bevande nel littering nell’ordine di alcune centinaia di milioni di euro all’anno. La stima è stata effettuata a partire dallo studio condotto da Eunomia nel 20176, sugli impatti dell’introduzione di un DRS per i contenitori per bevande monouso sui servizi di smaltimento dei rifiuti delle autorità locali in Inghilterra. Sulla base di interviste condotte con le autorità locali inglesi, Eunomia ha stimato infatti che il costo associato ai contenitori per bevande in vetro, metallo e plastica all’interno del littering ammonterebbe a circa 172 milioni di sterline all’anno; una cifra paragonabile, come ordine di grandezza, all’impatto previsto dalla nuova legge tedesca sulla plastica, in base alla quale si prevede che le imprese contribuiscano con 450 milioni di euro all’anno alla pulizia dei rifiuti in plastica dispersi, inclusi i filtri delle sigarette, i contenitori per bevande e le confezioni di cibo da asporto.

In ogni caso, qualsiasi aumento o diminuzione netta del costo unitario di gestione dei restanti rifiuti di imballaggio conferiti al sistema di raccolta differenziata, si legge nello studio Eunomia, dovrà comunque riflettersi in modifiche dei prezzi unitari pagati dai sistemi EPR, secondo quanto stabilito dalla Direttiva-Quadro sui rifiuti. Nel merito, Eunomia raccomanda di rivedere i criteri per la determinazione dei “costi efficienti” di raccolta, trasporto e cernita prima dell’introduzione di un DRS, in modo tale da tener conto delle variazioni attese nei costi unitari di gestione delle diverse frazioni di materiali di imballaggio ed evitare qualsiasi squilibrio temporaneo tra costi sostenuti dai comuni e proventi dalla valorizzazione dei materiali. Il nuovo accordo che sostituirà l’attuale accordo quadro ANCI-CONAI per la gestione dei rifiuti di imballaggio dovrà infatti garantire, secondo quanto previsto dalle nuove regole in materia di EPR, la copertura integrale (o, in deroga, almeno l’80%) dei “costi efficienti” sostenuti dai comuni per la raccolta, il trasporto e la cernita dei rifiuti di imballaggio conferiti in convenzione. Questa copertura dovrebbe rimanere invariata anche dopo l’introduzione di un DRS e, nel caso, essere oggetto di revisione ex-post, in modo tale da garantire il rispetto delle regole definite dal legislatore europeo e nazionale in materia di responsabilità estesa del produttore.

Il Rapporto esecutivo in italiano dello studio di Eunomia è scaricabile qui.

Non abbiamo bisogno di un DRS perché spinge sul riuso invece che sul riciclo

Non è infrequente la confusione tra gli obblighi relativi all’introduzione obbligatoria di un DRS e quelli relativi al riutilizzo degli imballaggi (inclusi i contenitori per bevande) presenti nella proposta di Regolamento Europeo su imballaggi e rifiuti di imballaggio PPWR. Nonostante siamo convinti, come molte altre organizzazioni in Europa, della necessità di introdurre misure e target ambiziosi per favorire la diffusione e il consolidamento dei modelli del riuso nei diversi ambiti previsti dalla proposta della Commissione, ricordiamo ancora una volta che le misure relative all’introduzione obbligatoria di un DRS e la Campagna “A Buon Rendere” riguardano esclusivamente i contenitori monouso per bevande destinati al riciclo e non al riutilizzo.

Vai alla sezione FAQ correlata

Vai all’articolo che riassume le principali obiezioni.


  1. I.Blu, è un impianto di riciclo delle plastiche miste (plasmix) dalle quali si ottiene il polimero Bluair®, una materia prima seconda brevettata che può essere utilizzata in sostituzione del carbone come agente riducente e come ottimizzatore di processo nella produzione dell’acciaio. ↩︎
  2. l’impianto Demap è un impianto di selezione degli imballaggi in plastica e plastica-metallo raccolti in maniera differenziata in Provincia di Torino convenzionato con il Consorzio Corepla. ↩︎
  3. CONAI & PwC Strategy& (2022). Raccolta Differenziata Selettiva: Soluzioni a confronto e prima stima degli investimenti ai fini del raggiungimento degli obiettivi SUP. Disponibile all’indirizzo: https://www.conai.org/prevenzione-eco-design/studi-e-ricerche/ ↩︎
  4. Decisione di esecuzione (UE) 2021/1752 del 1° ottobre 2021 recante modalità di applicazione della direttiva (UE) 2019/904 (la cd. Dir. SUP) per quanto riguarda il calcolo, la verifica e la comunicazione dei dati sulla raccolta differenziata dei rifiuti di bottiglie di plastica monouso per bevande. ↩︎
  5. La Decisione 1752/2021 reca le modalità di applicazione della direttiva (UE) 2019/904 del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto riguarda il calcolo, la verifica e la comunicazione dei dati sulla raccolta differenziata dei rifiuti di bottiglie di plastica monouso per bevande ↩︎
  6. Eunomia (2017) Impacts of a Deposit Refund System for One-way Beverage Packaging on Local Authority Waste Services. ↩︎

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