La Spagna non è una best practice di riferimento nella gestione degli imballaggi
Laura D’Aprile, Capo dipartimento sviluppo sostenibile del Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza energetica (MASE) nel suo intervento ha auspicato un confronto tra studi e richiama nel suo ruolo di figura tecnica la necessità di considerare gli impatti ambientali di un DRS nel suo insieme di attività anche logistiche, e di guardare come paesi più simili a noi affrontano il dibattito sul DRS, come ad esempio la Spagna.
D’Aprile ha quindi citato uno studio “UNESCO” uscito “recentemente” ritenuto apprezzabile per la sua impostazione basata sul ciclo di vita. In realtà lo studio in questione del 2027 è stato prodotto da Catedra UNESCO, in precedenza Catedra ECOEMBES, chiaramente collegata alla PRO Ecoembes l’organizzazione per la responsabilità estesa del produttore in Spagna, che ha cambiato opportunatamente il nome. Gli autori, Pere Fullana e Alba Bala, sono consulenti che lavorano per Ecoembes e altre organizzazioni del mondo imprenditoriale. Ma il vero punto dolente sta nell’attendibilità dello studio “Ariadna Cátedra UNESCO de ciclo de vida y cambio climático” che non è stato più presentato dal momento in cui sono uscite recensioni critiche sul metodo adottato che ne ha influenzato i risultati. Dall’analisi che può essere letta qui emerge come il modello di DRS sul quale è stato basato lo studio si discosta dal modello predominante a livello UE che è stato proposto in Spagna con il risultato che la stima dei costi di implementazione risulta 15 volte maggiore rispetto a quanto ipotizzato da precedenti studi. Tra le assunzioni che ne hanno influenzato i risultati vi è: l’inclusione di bevande non contemplate nelle ipotesi sul sistema come il vino e gli alcolici, l’indicazione di un costo di gestione a contenitore di molto superiore a quello mutuato dalle esperienze UE esistenti, il modello di raccolta che presume un’infrastruttura di raccolta al 50% automatizzata e al 50% manuale (quando la proporzione tra le due opzioni è solitamente nell’ordine dell’80% contro il 20%) e infine la mancata considerazione della logistica inversa nel computo degli impatti ambientali ed economici, nonostante il ruolo determinante che la stessa può giocare nell’efficientamento di tutto il sistema logistico.
Ecoembes è peraltro nota in ambito europeo per i dati inaffidabili su raccolta e riciclo che dichiara in Europa. Un recente studio “Analysis of the separate collection rate of plastic beverage bottles up to three litres in Spain” commissionato a Eunomia da Zero Waste Europe e dall’Alleanza Rifiuti Zero spagnola rivela che il tasso di raccolta per le bottiglie in PET è al 36%, ben lontano dal 70% previsto dalla Legge sui Rifiuti e dal 71% dichiarato da Ecoembes. Situazione che, secondo la nuova legge sui rifiuti del marzo 2022 prevede l’istituzione di un DRS, di cui sono già state definite le caratteristiche, con un imminente intervento da parte del Ministro per la Transizione Ecologica e la Sfida Demografica.
Sia D’Aprile che il segretario generale dell’ANCI Veronica Nicotra, intervenuta subito dopo, pongono il problema dell’attuale infrastrutturazione impiantistica, ancora frammentata nel Centro Sud, presentata come un ostacolo all’implementazione di un DRS. La dirigente del MASE aggiunge però che il gap impiantistico verrà però colmato al 2026 con i progetti finanziati dal PNRR. Nicotra evidenzia però che solamente il 30% dei progetti presentati dai Comuni è stato accolto per un finanziamento, e che la Tari rappresenta al momento un tributo iniquo ed esorbitante per il cittadino di città del Sud come Catania, causato dall’esportazione dei rifiuti verso gli impianti al nord o all’estero.
Infine la proposta lancia da D’Aprile, condivisa sia da Nicotra che da altri relatori, per “arrivare preparati agli obblighi del 2029” è stata quella di partire “con una sperimentazione da fare in tre aree del nord, del Centro, e del Sud con accompagnate da una valutazione LCA.“
Favoino ha replicato che esaminare i benefici di un sistema cauzionale in Italia, l’unico sistema che permette ai paesi di arrivare e superare il 90% di intercettazione per i contenitori per bevande, non significa venir meno all’orgoglio per i risultati conseguiti dal paese con la raccolta porta a porta. Sul tema delle infrastrutture deficitarie attuali, e dei relativi carichi ambientali, ha precisato che non si coglie il nesso tra la situazione attuale e una futura introduzione di un sistema cauzionale. Infine ha concluso: Si sta cercando di arrivare agli obiettivi europei con sistemi selettivi, e con gli eco-compattatori che adesso stiamo finanziando con risorse dello Stato mentre scommetto che così non arriveremo a raggiungere gli obiettivi.”
Effettivamente se sussistono timori sul fatto che l’implementazione di un DRS nel nostro Paese possa mettere in crisi il sistema infrastrutturale italiano della raccolta e del riciclo, aumentare gli impatti economici e ambientali rispetto alla situazione attuale, o avere effetti negativi sugli investimenti fatti, è opportuno che vengano effettuate indagini e studi a supporto di queste tesi, in modo che, nel disegnare un modello italiano di DRS che tenga conto delle nostre specificità, se ne possa tenere conto. Questo è l’approccio intrapreso come campagna A Buon Rendere, che sta facendo informazione sui DRS europei come caratteristiche e risultati ottenuti affinché si mutuino le best practice e si faccia tesoro degli errori fatti da altri Paesi. Come ha ricordato Favoino abbiamo a disposizione una vastissima evidenza di DRS da cui prendere spunto implementati non solamente nei Paesi nordici, ma in mete turistiche e in Paesi dell’Europa centrale. Come Paesi vicino a noi, oltre alla Germania, il più grande mercato del DRS con 83 milioni di utenti, avremo con il prossimo gennaio 2025 la partenza di un DRS in un primo Paese confinante con il nostro che sarà l’Austria.
Secondo Stefano Laporta, Presidente dell’istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA) il tasso di raccolta al 90% entro il 2029 è un obiettivo ambizioso ma raggiungibile, perché in molti paesi europei è già stato fatto, grazie ai sistemi cauzionali, “ma che forse dobbiamo contestualizzare in un paese come il nostro che ha caratteristiche particolari“. Poi precisa che nel 2022 delle 14,6 milioni di tonnellate di imballaggi immesse sul mercato ne sono state riciclate il 70,7% superando l’obiettivo del 65% al 2025, ma che per il 2029 c’è un gap che non è facile da colmare. Conclude invitando a considerare oltre ai costi diretti anche quelli indiretti che possono derivano dall’inazione rispetto all’applicazione del Regolamento PPWR, trattasi di costi indiretti molto importanti anche in termini di tutela dell’ambiente, che sono stati introdotti con gli articoli costituzionali 9 e 41 .