Spagna: un DRS entro il 2026 a seguito di obiettivi mancati ? Uno studio ne ha stimato i benefici

Critiche nei confronti del gestore unico del sistema integrato per la gestione dei rifiuti di imballaggio

Il quotidiano El Pays riporta che in Spagna l’implementazione di un DRS è stata l’occasione di un “intenso dibattito tra i suoi sostenitori – guidati da diverse ONG ambientaliste – e i suoi detrattori, guidati da Ecoembes”. Ecoembalajes España, S.A. è il gestore unico del Sistema Integrato di Gestione dei Rifiuti da Imballaggi in Spagna (SIG) in cui sono principalmente rappresentati gli interessi di produttori e rivenditori.

Con la pubblicazione del rapporto Ecoembes miente del 2020 Greenpeace Spagna ha denunciato “gli inganni della gestione urbana dei rifiuti da imballaggio” per mettere a nudo le carenze di un sistema di gestione monopolista dai risultati a dir poco discutibili. Ecoembes, nata nel 1996 con uno statuto no-profit è formata al 60% da imprese che utilizzano imballaggi del settore alimentare, al 20% da aziende produttrici di materie prime per l’imballaggio e al 20% dal settore del commercio e della distribuzione organizzata.

L’ente si finanzia attraverso un contributo EPR pagato dai produttori per l’immissione sul mercato di imballaggi in plastica, carta e cartone, alluminio e metallo. Il contributo dovrebbe servire a garantire che Ecoembes si occupi di recuperare e riciclare gli imballaggi. Si tratta degli imballaggi a scaffale che sono riconoscibili dal Punto Verde, un simbolo stampato sulle confezioni. Tuttavia, di tutti gli imballaggi immessi al consumo raccolti per lo più con cassonetti stradali solamente una minima parte viene realmente riciclata, la maggior parte viene smaltita in discarica, incenerita, esportata, bruciata o direttamente abbandonata nell’ambiente. Per quanto riguarda la plastica Greenpeace Spagna denuncia che solamente il 25% dell’immesso quando conferito nel bidone giallo va a riciclo, mentre il resto va a inquinare l’ambiente. Secondo il Ministero della transizione ecologica, il 44% della plastica da imballaggio finisce in discarica, mentre la maggior parte potrebbe essere riciclata.

Ecoembes paga ai Comuni un rimborso dei costi di raccolta e trattamento da loro sostenuti per le sole quantità di imballaggi che vengono conferiti dai cittadini nei contenitori gialli o blu stradali mentre riceve un contributo ambientale per tutti gli imballaggi immessi al consumo. Le entrate dell’ente che non vanno a finanziare la raccolta degli imballaggi non rimangono tuttavia inutilizzati nonostante lo status no-profit.
Come si legge nel rapporto Ecoembes miente, dal 2000 al 2018, il team esecutivo, composto da 10/11 persone, ha beneficiato di stipendi d’oro. Stando alla ricostruzione di Greenpeace il consiglio di amministrazione composto da 10 persone è costato 2.108.000 nel 2018. Ovvero 211.000 euro per ciascuno dei membri del CDA che rappresentano le più grandi aziende di beni di consumo, come Coca-Cola, Unilever, Nestlé e Danone, e i più grandi supermercati, come Mercadona, Alcampo, Carrefour e Lidl.Un importo interessante per un’organizzazione senza scopo di lucro, considerando che, ad esempio, il re [di Spagna] riceve 242.769,00 euro e il presidente del governo 82.978,00 euro”. Ma il compenso più alto di cui hanno beneficiato i membri del CDA (251.000 euro all’anno a testa) è stato il 2009, nel pieno di una grande crisi economica quando la tariffa del Punto Verde è stata aumentata.

Secondo l’indagine More Trash, More Cash: who is really behind the plastic crisis in Spain pubblicato nel 2021 dalla no-profit Changing Market Foundations l’industria ha portato avanti negli anni diverse iniziative che hanno di fatto bloccato qualsiasi tentativo di riformare il sistema spagnolo di gestione dei rifiuti, opponendosi a regolamentazioni che potessero favorire il riuso e l’implementazione di un sistema DRS. L’opposizione al DRS si è manifestata anche a livello mediatico attraverso la pubblicazione di articoli allarmanti sui rischi che un sistema DRS avrebbe portato sia all’industria che ai consumatori. Un copione ben noto che si ripropone in tutti i paesi prima che un sistema cauzionali venga avviato. E anche l’Italia non fa eccezione, come abbiamo avuto modo di constatare nel momento in cui è trapelata la bozza del regolamento che andrà a sostituire la revisione della direttiva sui rifiuti e rifiuti da imballaggio. In particolare è stata proprio la previsione, inclusa nella bozza di regolamento, che riguarda l’implementazione di un DRS nei paesi che ne sono privi e che non raggiungono il 90% di raccolta per gli imballaggi per bevande entro il 2028, a provocare l’opposizione del Conai il nostro PRO (Producer Responsability Organizer) nazionale.

La falsa alternativa di un sistema di raccolta incentivante

Secondo il rapporto More Trash, More Cash le iniziative di raccolta incentivante che Ecombes sta promuovendo, come ad esempio Reciclos, vanno lette come un tentativo per non attuare le misure previste dalla direttiva (SUP) di raccolta selettiva per le bottiglie di plastica. Reciclos viene definita dal rapporto “una falsa soluzione già respinta in altri Paesi”. Ad ogni conferimento di un contenitore vuoto ad una macchina oppure in un cassonetto stradale, Reciclos eroga all’utente dei punti tramite un’applicazione per smartphone. Punti che possono dare diritto a bonus come biglietti per i trasporti pubblici o per il noleggio di biciclette.  

In generale, in un sistema incentivante il soggetto gestore non è tenuto a rispettare obiettivi di intercettazione imposti dalla legge e potrebbe interrompere da un momento all’altro l’attività e l’erogazione dei bonus. Nei sistemi incentivanti manca inoltre la solida base economica che consente il funzionamento del sistema sul lungo periodo. Un DRS viene finanziato da entrate certe che sono i contributi EPR pagati dai produttori per l’immissione sul mercato dei contenitori di bevande, i ricavi derivanti dalla vendita degli imballaggi ai riciclatori e dai depositi non riscossi. In un sistema cauzionale maturo c’è una percentuale inferiore al 10% di imballaggi per cui è stato pagato il deposito che non ritorna nel sistema.

Il rapporto More Cash, More Cash contiene anche i calcoli della società di consulenza britannica Eunomia Research and Consulting che documentano come la pulizia dei rifiuti di imballaggio nelle strade e nelle zone costiere costi ai comuni spagnoli e, quindi, ai contribuenti, fino a 744 milioni di euro ogni anno. Di questi, il 71% (529 milioni di euro) sono costi associati alla gestione dei contenitori per bevande monouso dispersi nell’ambiente.

Indagine dell’Antitrust per abuso di posizione dominante

Le attività di Ecombes non sono solo soggette alla critica delle ONG. Il 5 ottobre 2022, la Comisión nacional de los mercado y la competencia CNMC (l’antitrust spagnolo) ha aperto un procedimento disciplinare per pratiche monopolistiche che danneggiano il riciclaggio in Spagna, e in particolare per presunti comportamenti che costituiscono un possibile abuso di posizione dominante. Il CNMC sta indagando sulla gestione di procedure d’asta eseguite in modo arbitrario , almeno dal 2004, che non garantivano la trasparenza, tracciabilità e integrità delle offerte presentate. Il CNMC sta inoltre indagando sulla creazione di barriere di accesso per la partecipazione e l’aggiudicazione di queste aste, non giustificate da motivi tecnici, ambientali o economici.

Queste pratiche sono contrarie all’articolo 2 della legge 15/2007 del 3 luglio 2007 sulla difesa della concorrenza (LDC) e all’articolo 102 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE).

L’indagine trae origine dalla denuncia presentata contro Ecoembes da PET Compañía para su Reciclado, S.A.U., azienda che ricicla le bottiglie in PET con impianto situato nei pressi di Valencia, parte di un gruppo estero.

Cosa dice lo studio di fattibilità per un DRS spagnolo? segue a pag.3

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