Break Free From Plastic: cinque anni di Brand Audit

Dal 2018 la rete internazionale di volontari di Break Free From Plastic organizza delle campagne di Brand Audit per individuare le marche dei rifiuti dispersi in natura e promuovere soluzioni efficaci all’inquinamento da plastica. Per cinque anni consecutivi, Coca-Cola è stata la marca di rifiuti più abbondante, seguita da PepsiCo, Nestlé, Unilever, Mondelēz International, Mars, Inc., Procter & Gamble, Philip Morris International, Danone e Ferrero Group.

Dal 2018 ogni settembre la coalizione Break Free From Plastic, composta da volontari in tutto il mondo, organizza delle campagne di raccolta rifiuti e verifica del marchio, il cosiddetto Brand Audit. L’obiettivo è quello di categorizzare i rifiuti raccolti e identificare dove possibile quali sono le marche degli imballaggi per bevande che si riscontrano maggiormente nel littering e che contribuiscono, pertanto all’inquinamento da plastica nella natura e nelle città.

I dati raccolti nell’ambito di questo grande processo partecipativo internazionale vengono presentati al pubblico e ai decisori politici in un rapporto annuale chiamato “Branded”. Il rapporto del 2022 riporta i dati relativi a 397 brand audit tenuti, in sei continenti, a cui hanno partecipato 14.760 volontari. In tutto sono stati raccolti, contati e controllati 429.994 articoli di plastica riconducibili a 4.645 marche “madre”. Le aziende che nel 2022 hanno maggiormente contribuito alla dispersione dei rifiuti sono state: The Coca-Cola Company, PepsiCo, Nestlé, Mondelēz International, Unilever, Procter & Gamble, Mars, Inc., Philip Morris International, Danone, e Colgate-Palmolive.

L’analisi dei dati dei cinque anni (2018 – 2022) ha rivelato l’esistenza di un rapporto di proporzionalità tra la quota di mercato coperta da una multinazionale e la presenza di imballaggi a marca propria abbandonati nell’ambiente, ovvero maggiore è la quantità di prodotti e relativi imballaggi immessi sul mercato da un marchio, maggiore è la sua presenza nel littering. In particolare, Coca-Cola ha mantenuto il primo posto sul podio, distaccando le altre marche in modo significativo dal 2018 in poi, con percentuali di presenza di propri imballaggi nel littering in crescita edizione dopo edizione: l’audit del 2022 ha rilevato infatti più di 31.000 articoli a marchio Coca-Cola con un aumento del 63% rispetto al 2021, che corrisponde come quantità a più del triplo di quelli trovati nel 2018.

Sintesi dei risultati 2018-2022

Tra il 2018 e il 2022 gli affiliati e gli alleati di Break Free From Plastic hanno mobilitato 206.895 volontari per condurre 2.373 audit sulle marche in 87 Paesi e territori. Questi controlli sulle marche hanno registrato un totale di 2.125.414 rifiuti di plastica, la cui analisi permette di individuare le prime 10 aziende i cui rifiuti contribuiscono maggiormente all’inquinamento da plastica a livello livello globale: The Coca-Cola Company, PepsiCo, Nestlé, Unilever, Mondelēz International, Mars, Inc., Procter& Gamble, Philip Morris International, Danone e Ferrero Group.

Nel corso dei cinque anni i rifiuti a marchio Coca-Cola sono rimasti costantemente i più abbondanti in tutti paesi considerati con un margine significativo. Sono stati seguiti ogni anno dai rifiuti di PepsiCo (tranne che nel 2019, quando la marca occupava il terzo posto). Invece i rifiuti da imballaggio di Nestlé, Unilever, Procter & Gamble e Mondelēz International sono costantemente presenti nella top 5, con un posizionamento che varia leggermente di anno in anno.

In linea con le categorie di prodotto commercializzate da queste aziende gli imballaggi più presenti nel littering nei rilevamenti annuali in Europa sono risultati gli imballaggi e gli involucri per alimenti e bevande (al secondo posto dopo i mozziconi di sigarette e prodotti da fumo), seguiti dalle bottiglie al terzo posto.

Aggiornamento Brand Audit 2023

I risultati sul brand audit del 2023 vedono ai primi posti sostanzialmente le stesse marche con PepsiCo scesa dal “podio dei tre primi arrivati” dove era solita apparire, al quarto post: The Coca-Cola Company, Nestlé, Unilever, PepsiCo, Mondelēz International, Mars, Inc., Procter &Gamble, Danone, Altria, and British American Tobacco.

Smascherare il greenwashing e le false soluzioni

Il primo Brand Audit in assoluto si è tenuto nelle Filippine nel 2017, guidato da Break Free From Plastic, EcoWaste Coalition, Global Alliance for Incinerator Alternatives (GAIA), Greenpeace e Mother Earth Foundation. Nel 2018 è stato condotto il primo Brand Audit globale, con l’obiettivo di “raccontare” l’inquinamento da plastica e contrastare la tesi –  promossa all’epoca dalle maggiori multinazionali – che la soluzione al problema del littering passasse per un aumento degli impianti di incenerimento a livello globale.

Come mostrano i dati raccolti da Break Free From Plastic, invece, il problema sta principalmente nella sovrapproduzione di articoli monouso in plastica – in costante crescita – quando continuano a non essere presenti a livello globale infrastrutture e soluzioni efficaci per gestirne il fine vita.

Per promuovere un’economia circolare della plastica che intercetti gli imballaggi a fine vita, eliminando di conseguenza la dispersione dei rifiuti nell’ambiente, è necessario, a seconda dei prodotti e contesti, introdurre infrastrutture di raccolta efficaci, sistemi di deposito cauzionale per i contenitori di bevande finalizzati al riciclo e al riuso e sostituire gli oggetti monouso con oggetti riutilizzabili ove possibile. [Break Free From Plastic auspica l’impiego di prodotti riutilizzabili].

Nei cinque anni in cui volontari da tutto il mondo hanno contribuito a fornire dati per il Brand Audit si sono registrati importanti progressi nella comprensione dell’inquinamento da plastica identificato come una crisi che deve essere affrontata soprattutto a monte, riducendo in primis la produzione di plastica vergine.

Conclusioni

I dati raccolti da Break Free From Plastic negli ultimi cinque anni hanno mostrato che di anno in anno le marche identificate nel littering sono ascrivibili alle stesse multinazionali che, essendo leader di mercato immettono le maggiori quantità di imballaggi in plastica.

In questo stesso arco di tempo, le aziende di beni di largo consumo non hanno incrementato il livello di impegno affidandosi a strategie di greenwashing e a soluzioni di facciata che non hanno ottenuto risultati di rilievo. La conferma che non si possa fare esclusivo affidamento sugli impegni volontari delle aziende per affrontare l’inquinamento da plastica arriva anche dalla stessa Ellen McArthur Foundation, a distanza di quattro anni dal lancio del Global Commitment, a cui hanno aderito le maggiori multinazionali dei beni di largo consumo proprio per ridurre l’inquinamento da plastica.

Il Rapporto “Global Commitment 2022 Progress Report” ha rivelato che gli obiettivi per il 2025 sottoscritti dagli aderenti non verranno “quasi certamente” raggiunti in aree come: la totale riciclabilità/compostabilità di tutti gli imballaggi immessi, la riduzione del consumo di plastica vergine, l’utilizzo di plastica riciclata (al posto della vergine) e l’implementazione di sistemi di riuso. In realtà ci sono stati addirittura retrocessioni in alcune aree come nel caso della percentuale di riuso per il packaging. Inoltre, anche se il 59% delle aziende firmatarie ha ridotto l’uso di plastica vergine, l’uso complessivo di plastica vergine nel 2021 è tornato ai livelli del 2018 con un aumento del 2,5% rispetto al 2020.

Ecco che la Fondazione Ellen MacArthur ha sostenuto quasi un anno fa un appello per un trattato sulla plastica basato su regole globali giuridicamente vincolanti e su misure che supportino i modelli di economia circolare. Un presupposto necessario per stimolare gli investimenti e l’innovazione essenziale per guidare il cambiamento globale, un’opportunità unica per accelerare una transizione che ponga fine all’inquinamento da plastica. La Ellen MacArthur Foundation insieme al WWF, in collaborazione con aziende allineate e con il sostegno di partner strategici delle ONG ha lanciato la Business Coalition for a Global Plastics Treaty.
Esperti tecnici, scienziati e attivisti ambientali di tutto il mondo concordano inoltre sulla necessità di un trattato globale sulle plastiche per ridurne in modo significativo la produzione.

I “limiti” sui dati raccolti

Il rapporto di Break Free From Plastic si basa su dati dichiarati dai diversi partecipanti di tutto il mondo. I dati elaborati nei rapporti di BFFP rappresentano pertanto uno spaccato credibile di un problema globale ma non possono essere considerati totalmente rappresentativi di tutto inquinamento da plastica. È possibile pertanto che, alcune marche non presenti nel rapporto, possano fornire contribuiti altrettanto importanti all’inquinamento da plastica, rispetto a quelle identificate durante i brand audit.

I dati riflettono inoltre le marche più comunemente presenti in Asia, Europa e Nord America, dove la BFFP ha una forte presenza. Tenendo conto degli 87 Paesi e territori complessivamente rappresentati, i risultati dell’audit dei marchi negli ultimi cinque anni forniscono un’indicazione chiara e plausibile su quali siano le marche che hanno la maggiore responsabilità di prendere provvedimenti che conducano a soluzioni efficaci e praticabili in tutto il mondo. Plausibile perché corrisponde a quello che vedono con i propri occhi i cittadini e in particolare coloro che i rifiuti li raccolgono.

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