Meno dispersione di imballaggi e più riciclo: con il deposito cauzionale una filiera più sostenibile


Festival dello Sviluppo Sostenibile 2025: nella tappa di Bologna protagoniste le filiere e le soluzioni concrete per rafforzare l’economia circolare e raggiungere gli obiettivi europei

Dal cuore produttivo e resiliente dell’Emilia-Romagna, nel corso della tappa bolognese della nona edizione del Festival dello Sviluppo Sostenibile è arrivato un chiaro messaggio: è necessario rafforzare la sostenibilità delle filiere come motore dello sviluppo economico, potenziando i distretti produttivi all’insegna dell’economia circolare e dell’innovazione a tutto campo. In tale prospettiva, è possibile combattere la dispersione nell’ambiente degli imballaggi per bevande, a partire dall’introduzione di un sistema di deposito cauzionale per bottiglie e lattine. Come mostrato nel “Rapporto di Primavera 2025” dell’Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile (ASviS), le imprese italiane che investono in sostenibilità ed economia circolare aumentano la produttività, la competitività e la solidità finanziaria, come sottolineato dai tanti rappresentanti del mondo produttivo e finanziario intervenuti all’evento di Bologna.

Durante l’incontro l’ASviS e la campagna “A buon rendere – molto più di un vuoto” hanno presentato il documento “Il deposito cauzionale, questo sconosciuto. Cosa fare per ridurre la dispersione nell’ambiente di bottiglie di plastica e lattine?” in cui si evidenzia come tale sistema (Deposit Return System – DRS) rappresenti una soluzione semplice ed efficace per rafforzare ulteriormente l’economia circolare, capace di garantire tassi di raccolta superiori al 90%, come già avviene in Paesi europei come la Germania (98%). Infatti, se da un lato l’Italia presenta ottime performance in termini di economia circolare, anche grazie all’ottimo lavoro svolto dai consorzi esistenti, dall’altra essa è tra i principali responsabili dello sversamento di plastica nel Mediterraneo, con circa 90mila tonnellate disperse ogni anno. Sono oltre otto miliardi i contenitori di bevande in plastica, vetro e metallo che sfuggono al riciclo ogni anno, dispersi nell’ambiente o smaltiti in inceneritori e discariche.

Nonostante gli sforzi di raccolta, circa un terzo delle bottiglie in plastica sfugge ancora ai sistemi di raccolta tradizionali, contribuendo in modo significativo all’inquinamento ambientale. L’introduzione di un sistema di deposito consentirebbe non solo di incrementare la quantità e la qualità dei materiali raccolti per un sicuro riciclo ma anche di ridurre l’uso di materia prima vergine nella realizzazione di nuovi contenitori e di ridurre così le emissioni climalteranti. Il DRS, oltre a essere coerente con gli obiettivi delle legislazioni europee sui rifiuti previste anche dal nuovo Regolamento UE sugli Imballaggi ed i Rifiuti da Imballaggio, può rappresentare un’importante leva per il raggiungimento di diversi Obiettivi di sviluppo sostenibile. Insieme ai benefici ambientali, i Sistemi di deposito cauzionale hanno dimostrato di poter ridurre i costi di gestione dei rifiuti a carico delle comunità e di stimolare la crescita occupazionale, creando nuovi posti di lavoro nella gestione, raccolta e trattamento dei materiali” ha affermato Enrico Giovannini, Direttore scientifico dell’ASviS.

Il meccanismo è semplice: il sistema DRS prevede l’aggiunta di una piccola cauzione sul prezzo di vendita delle bevande che viene restituita al consumatore quando riconsegna il contenitore vuoto. Senza il DRS, sarà impossibile per l’Italia rispettare gli obiettivi legalmente vincolanti di raccolta del 90% al 2029 e di contenuto minimo riciclato (30% al 2030 ) per le bottiglie in plastica previsti dalla Direttiva sulle plastiche monouso già recepita nell’ordinamento nazionale” ha dichiarato Enzo Favoino, Coordinatore scientifico della nostra campagna “A buon rendere” e di “Zero Waste Europe”.

Una misura che trova d’accordo l’opinione pubblica. Il nostro secondo sondaggio condotto da Astra Ricerche ha infatti confermato che oltre l’83% degli italiani è favorevole all’introduzione di un sistema di deposito cauzionale per i contenitori di bevande.

Leggi il comunicato stampa completo sul sito di AsVis sulle sessioni della giornata del 19 maggio.

Per visionare l’intervento di Enzo Favoino che dialoga sul tema del DRS con Roberto Giovannini vai alla registrazione dell’evento (ora 1,46).

Qualche pillola sui contenuti del paper alla sezione interviste

Nel documento sono presenti alcune interviste, basate su tre domande, che sono state poste ad Enzo Favoino come coordinatore scientifico della Campagna, all’assessore all’ambiente Elena Grandi del Comune di Milano che ha aderito alla nostra iniziativa, e a due esponenti di rilievo del mondo del beverage.

Per l’Italia è stato intervistato infatti Alberto Bertone (Presidente e amministratore delegato di Acqua Sant’Anna) marca leader di mercato che ha aderito alla nostra campagna e Alessandro Pasquale , Presidente di Natural Mineral Waters Europe – NMWE e di Mattoni 1873, marchio di punta del Gruppo leader nel settore delle acque minerali e bevande analcoliche in Europa centrale Kmv (Karlovarské minerální vody).

Alessandro Pasquale, che siede nel consiglio di amministrazione di Slovensko zálohuje – Správca zálohového systému, l’ente che amministra il sistema di deposito in Slovacchia, sottolinea nell’intervista i risultati conseguiti dal DRS che, a distanza di soli due anni dal suo avvio, ha portato il paese a raggiungere e superare, con un tasso di intercettazione del 92% per bottiglie e lattine, gli obiettivi europei di raccolta ( 90% al 2029) e di contenuto riciclato. Parliamo quindi, sia degli obiettivi della Direttiva SUP sulle plastiche monouso per le bottiglie in plastica, che degli obiettivi di raccolta imposti dall’art.50 del nuovo Regolamento UE imballaggi e Rifiuti da imballaggio (PPWR) estesi anche alle lattine .

Oltre al significativo miglioramento del fenomeno del littering in tutto il paese, il fiore all’occhiello del sistema slovacco è la sua circolarità resa possibile da un sistema efficace e dal diritto di prelazione (right of first refusal) da parte dei produttori di bevande introdotto nel regolamento. Un accesso privilegiato agli imballaggi raccolti che obbliga però i produttori di bevande ad impiegare tali materiali esclusivamente per la produzione di nuovi contenitori idonei al contatto alimentare “Bottle to bottle” e “can to can”.

I costi di avvio delle infrastrutture necessarie per operare il sistema -come spiega Pasquale nell’intervista- sono stati sostenuti dall’ente no profit incaricato di gestire e finanziare il DRS, controllato dall’industria delle bevande in collaborazione con la distribuzione organizzata, mentre i costi relativi all’installazione dei punti di raccolta presso i negozi vengono sostenuti dai rivenditori di bevande.

In entrambi i casi le banche hanno concesso i fondi necessari per la partenza del sistema in quanto la bancabilità degli investimenti è stata assicurata dalla legislazione alla base del DRS. I produttori di bevande sono infatti i garanti della sostenibilità economica e del successo del sistema, essendo legalmente tenuti a finanziarlo.
A differenza dei sistemi di raccolta domiciliare finanziati prevalentemente dai Comuni, e quindi da tutti i cittadini attraverso le imposte sui rifiuti, il DRS adotta un approccio più equo nella ripartizione dei costi. Infatti, oltre ai produttori e ai rivenditori di bevande a sostenerne una parte dei costi sono esclusivamente quei consumatori che non restituiscono i contenitori vuoti, e perdono la cauzione. Una conseguenza in linea con il principio europeo “chi inquina paga” alla base delle legislazioni UE sui rifiuti, che responsabilizza direttamente chi i rifiuti li produce.

Nonostante il successo del DRS slovacco i produttori di bevande stanno incontrando nella repubblica Ceca notevoli difficoltà nel fare passare un disegno di legge a causa delle resistenze di gruppi di interesse che temono ripercussioni economiche, o una perdita di influenza sulla politica centrale che vedono coinvolte alcune associazioni dei gestori dei rifiuti per conto dei Comuni e di alcune associazioni di rappresentanza degli enti locali.

Per maggiori informazioni sul sistema slovacco e sul funzionamento di un sistema cauzionale consigliamo la visione del nostro documentarioChiudere il cerchio: alla scoperta del sistema di deposito slovacco, e della pillola sul meglio delle interviste.

Alberto Bertone, a capo di Acqua Sant’Anna, offre nell’intervista il punto di vista di un produttore nazionale leader del settore, che sostiene da tempo la necessità di implementare un sistema di deposito in Italia, come l’unica soluzione efficace per migliorare velocemente i tassi di raccolta e riciclo degli imballaggi per bevande.

Le esperienze di altri paesi europei, dove il DRS è già ampiamente diffuso e funziona con successo, con tassi di raccolta che arrivano anche al 98%, dovrebbero essere sufficienti, secondo Bertone, per chiarire anche in Italia che non esiste uno strumento che possa sia migliorare la qualità del riciclo in un processo “bottle to bottle” che ridurre drasticamente l’abbandono di imballaggi nell’ambiente. Pur riconoscendo che l’introduzione di un DRS comporta delle sfide, Bertone ritiene che i benefici ambientali, economici e sociali ne giustifichino l’investimento perché solo il DRS può garantire un circuito virtuoso per il riciclo del PET e di altri materiali.

Pertanto secondo l’imprenditore risulta incomprensibile che i produttori di bevande ancora non sostengano l’introduzione del sistema in quanto l’accesso a materie prime seconde di alta qualità è una condizione indispensabile per l’industria delle bevande per rispettare gli obiettivi europei, come il 30% di contenuto riciclato nelle bottiglie in PET ( (rPET) entro il 2030.

Per il CEO di Sant’Anna la situazione di stallo in Italia – quando 17 Paesi Membri hanno già dimostrato l’efficacia del sistema – si può sbloccare esclusivamente con un deciso intervento politico che conduca ad una legge nazionale e a questo proposito l’imprenditore lamenta la mancanza di un dialogo efficace tra imprese e politica su questo tema cruciale.

Enzo Favoino, coordinatore scientifico della campagna “A Buon Rendere” ha spiegato nell’intervista che tra le motivazioni che hanno portato al lancio della campagna tre anni fa c’è stata anche la constatazione che, mentre un numero crescente di Paesi, soprattutto nell’UE, avevano già o stavano per adottare un Deposito Cauzionale (DRS), in Italia il dibattito su questo tema era inesistente o confuso. Una situazione che l’ampia coalizione che sostiene la campagna vede come una contraddizione clamorosa per diversi motivi:

  • Va contro i risultati positivi dimostrati dal DRS in termini di circolarità delle risorse, drastica diminuzione del littering (dispersione di rifiuti nell’ambiente) e riduzione dei costi correlati per gli Enti Locali e il Bilancio dello Stato che ogni anno versa all’Unione Europea per gli imballaggi in plastica che non ricicliamo, di cui oltre 100 milioni di euro sono imputabili alle sole bottiglie in PET per bevande che con un DRS potremmo invece intercettare e riciclare.
  • È in contrasto con gli obiettivi legalmente vincolanti fissati da direttive europee come la Direttiva sulle Plastiche Monouso (già recepita in Italia) e il Regolamento UE sugli Imballaggi ed i Rifiuti da Imballaggio (PPWR) come abbiamo visto prima.

Fortunatamente, la nostra campagna – spiega Favoino- forte del supporto di una coalizione che include le maggiori ONG ambientaliste, organizzazioni attente al consumo responsabile e ai diritti dei consumatori, e un numero crescente di Amministrazioni Locali, sembra aver smosso la situazione, generando discussioni e iniziative sul tema, anche in ambito parlamentare.
L’introduzione di un sistema nazionale di DRS in Italia è considerata praticamente certa motivo per cui l’obiettivo principale della coalizione è accelerare questo processo. Questo è dovuto principalmente al Regolamento UE sugli Imballaggi e Rifiuti da Imballaggio (PPWR), che indica il DRS come strumento chiave per raggiungere l’obiettivo del 90% di intercettazione di bottiglie e lattine. Se l’Italia non raggiungesse e mantenesse questo obiettivo dopo il 2029, la Commissione UE avrebbe il potere di imporre l’introduzione del DRS, che potrebbe diventare attivo al più tardi nel 2035.

Aspettare fino al 2035 significherebbe perdere anni di benefici in termini di sostenibilità, circolarità e riduzione dei costi per la collettività, oltre a perpetuare lo spreco di risorse riferito ad otto miliardi di contenitori dispersi o non riciclati annualmente in Italia.

A questo scopo le attività della campagna proseguono sul fronte dell’informazione verso i decisori politici e aziendali e la pubblica opinione sulla vera natura e semplicità del DRS, chiarendone le differenze e con sistemi esistenti di raccolte premiali tramite gli eco-compattatori (considerati insufficienti per gli obiettivi UE) e il “Vuoto a Rendere” finalizzato al riutilizzo dei contenitori. Inoltre la campagna è impegnata nel supporto del dibattito legislativo nazionale offrendo evidenze e aggiornamenti sulle esperienze in corso e in fase di avvio dei sistemi DRS europei per facilitare le decisioni in merito.

Leggi il documento “Il deposito cauzionale, questo sconosciuto. Cosa fare per ridurre la dispersione nell’ambiente di bottiglie di plastica e lattine?”, redatto dall’ASviS e dalla nostra campagna “A buon rendere”.

Enrico Giovannini, direttore scientifico dell’ASviS, durante la presentazione ha così commentato: “Mi sono stufato di chi, nonostante i dati, continua a ripetere che fare sostenibilità è un costo. È falso. I dati dimostrano che chi fa sostenibilità guadagna competitività e ha una posizione finanziaria più solida. L’Italia ha buoni indicatori sull’economia circolare, ma il nuovo regolamento europeo ci chiede di fare di più, riducendo drasticamente i rifiuti. Il documento che pubblichiamo oggi dimostra che possiamo integrare nuove buone pratiche e valorizzare i comportamenti dei consumatori, generando vantaggi economici e ambientali. Abbiamo la possibilità di premiare i comportamenti virtuosi, e ciò può generare valore aggiunto. Uno dei messaggi fondamentali dello studio è che bisogna mettere in connessione produttori e consumatori. Serve volontà politica, cioè un impegno comune ad andare nella stessa direzione”.

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