Littering da contenitori di bevande, la responsabilità del produttore e il contributo del cittadino in un caso studio

Negli ultimi anni è aumentata l’attenzione per i rifiuti dispersi nell’ambiente che causa inquinamento ambientale e costi per le comunità.

Nel nostro Paese sono oltre sette miliardi i contenitori per bevande che sfuggono al riciclo e che finiscono dispersi nell’ambiente o smaltiti in inceneritori e discariche, ciò nonostante il littering da contenitori di bevande resta il convitato di pietra in tutte le discussioni sull’opportunità di implementare un sistema di deposito cauzionale in Italia.

In contrasto con la posizione assunta in Europa dalle associazioni del settore, il mondo delle bevande nazionale ancora non vuole riconoscere il ruolo positivo che qui giocano i DRS, tranne le poche realtà, tra le quali Acqua Minerale Sant’Anna e altre tra Marche di acque minerali che hanno aderito alla nostra campagna.

Per sensibilizzare l’opinione pubblica, nonché tutti i soggetti che giocano un ruolo nella prevenzione del littering, la campagna ha lanciato ABR Radar uno strumento di partecipazione attiva pensato per accendere i riflettori sul problema e raccogliere dati per supportare e promuovere soluzioni politiche. Non si tratta di uno strumento di analisi scientifica ma di un aggregatore di segnalazioni che pervengono dai cittadini circa il materiale, la tipologia, la quantità, la marca dei contenitori per bevande e la località da cui provengono.

Segue l’articolo di Giacomo Talignani pubblicato su Green & Blu che racconta l’impegno di Helena Boers nel ripulire ampie zone del suo Comune di residenza ma anche che, Helena, oltre a raccogliere e differenziare i rifiuti che trova, carica i dati riferiti ai contenitori per bevande che raccoglie sulla nostra webapp ABR Radar per il motivo che trovate spiegato nell’articolo.

I principali dati qualitativi e quantitativi dei contenitori per bevande raccolti da Helena tra maggio a settembre 2024 che, grazie a lei vengono riciclati, li trovate a fine articolo.

Helena Boers, ogni giorno percorre chilometri per ripulire le strade del suo comune: “L’inciviltà non ha fine”

Ogni santo giorno, a volte anche per decine di chilometri, Helena Boers esce con il suo cane Tom a ripulire le strade, gli spazi verdi e le sponde dei canali di Grezzago, un piccolo centro alle porte di Milano lungo il naviglio della Martesana. Qui, da quasi dieci anni, Helena percorre lunghi tratti recuperando centinaia di rifiuti, soprattutto bottiglie di vetro e plastica, e lattine. Poi pubblica le foto del “bottino” sui social e inserisce i dati relativi alla tipologia di contenitori per bevande trovati abbandonati sulla webapp della campagna “A Buon rendere”. “Perchè lo faccio? Provo a dare il buon esempio, a lasciare un mondo migliore ai mie figli”.

Tutto è iniziato partendo dalle vie accanto alla sua casa poi, giorno dopo giorno, il suo raggio di azione si è allargato ed è passata a raccogliere i rifiuti abbandonati lungo altre strade della cittadina, poi le provinciali e infine quelle dei paesi limitrofi. Così da dieci anni, sempre con il sorriso, anche se non nasconde che “a ogni sacco abbandonato, mi scappa una parolaccia“. Helena non lo fa per lavoro: lo definisce infatti il suo “hobby”. È il suo modo, spiega, per restituire amore al Paese dove oltre venticinque anni fa, sempre per amore, ha scelto a vivere. Nella speranza che i suoi concittadini cambino primo o poi i loro comportamenti.

“Se non lo faccio io i rifiuti sarebbero ancora tutti li”

Nata 55 anni fa in Olanda, nel 1997 su un volo per Johannesburg ha conosciuto quello che poi diventerà suo marito e padre dei suoi tre figli. Un incontro che l’ha portata a trasferirsi in Lombardia, a Grezzago, tremila residenti nell’hinterland milanese verso Bergamo.

Helena racconta di come, passeggiando con il suo cane la sera, lungo le strade urbane ed extraurbane ha visto crescere la quantità di rifiuti abbandonati: “Per lo più sacchi neri con dentro di tutto, e poi tantissime bottiglie di plastica e di vetro”.

Nei canali, lungo i marciapiedi, gettati nei campi: “I rifiuti – dice – li incontravo ovunque, formavano quasi delle piccole discariche abusive. Avevo notato che nessuno faceva nulla per ripulire, raramente venivano spostati: li vedevo sempre allo stesso punto“. Così, quasi senza pensarci troppo, dieci anni fa durante le passeggiate con Tom inizia a raccoglierli. “Se avessi aspettato che qualcuno si fosse mosso, attivato, sarebbero ancora lì”.

“I comportamenti non sono cambiati”

Percorre su e giù le strade del paese, esce armata di sacchi guanti e talvolta pinze, poi differenzia e smaltisce, spesso con i bidoncini di casa sua. Ad oggi, dieci anni dopo, non sa quantificare quanti chili di immondizia sia riuscita a recuperare, “sicuramente tanta“, ma sebbene la situazione sia un po’ migliorata “molti comportamenti irrispettosi non sono cambiati“. Ha aperto un profilo instagram, un po’ come “fanno altri pazzi come me in giro per il mondo” dice con il sorriso, dove quando può pubblica “tutto quello che ho recuperato, per dare un’idea di quanta inciviltà ci sia, ma anche degli sprechi”. Nei campi, e lo si vede bene dalle sue foto, in un solo giorno si trova davvero di tutto: una ventina di confezioni di vino in cartonato, tavolette di wc, vecchi telefoni e cd, soffioni da doccia, giocattoli di ogni tipo, persino una macchinetta del caffè. E soprattutto tante, troppi imballaggi per bevande.

All’inizio quasi mi vergognavo a raccoglierli, poi però ho deciso di insistere non essendo io quella che si doveva vergognare. Ora con me spesso c’è Romolo, un amico pensionato che aveva messo un annuncio su Facebook proprio per ripulire. Talvolta ci spostiamo anche nei paesi più vicini come a Trezzo sull’Adda. Ormai le persone mi conoscono, e mi lasciano depositare alcuni rifiuti differenziati nei loro bidoncini. Abbiamo chiesto che sia la Provincia, o chi deve occuparsene, a ripulire, ma spesso non viene fatto: il punto di partenza però è sconfiggere l’inciviltà, la maleducazione nella gestione dei rifiuti“.

Lei spera – e a volte qualcuno le ha detto che ammaliato dalla sua forza di volontà sta seguendo il suo esempio – di ispirare le persone a smettere di gettare la spazzatura per strada, a impegnarsi di più nella raccolta differenziata e nel riciclo.

Il problema è che i cambiamenti che vedo sono pochi. Ma io non mollo, raccolgo sette giorni su sette. I rifiuti ingombranti li porto ad un addetto comunale che ormai mi conosce. Tutto quello che posso differenziare e che recupero di pulito come gli imballaggi per bevande lo carico anche sull’app della campagna A Buon Rendere, in cui indico le marche e la tipologia di contenitori che raccolgo. Mi sa che ormai sono una delle numero uno per quantità di rifiuti recuperati“, spiega sempre col sorriso.

“A Buon Rendere”
Per Silvia Ricci, coordinatrice della campagna A Buon Rendere -molto più di un vuoto per un sistema di deposito cauzionale, il lavoro di Helena è prezioso perché fornisce indicazioni importanti in quanto: “l’impatto ambientale del littering da contenitori per bevande in Italia non è mai stato stimato nel nostro paese, nonostante le bottiglie e tappi in plastica siano tra i rifiuti più trovati nelle operazioni di cleanup e contribuiscano a nutrire la zuppa di plastica del nostro Mediterraneo mettendo a rischio la fauna marina. Le risorse preziose perse per il riciclo in una paese come l’Italia – che dipende dalle importazioni estere di materie prime in misura doppia rispetto agli altri Paesi membri – potrebbero essere catturate da un sistema di deposito cauzionale che può intercettare i contenitori sino al 98%”.

Il problema degli imballaggi
La webapp ABR Radar che usa Helena serve proprio “per fare pressione – come Campagna A Buon Rendere – sui produttori di bevande che non appoggiano un sistema cauzionale. Raccogliere rifiuti è importante ma le segnalazioni sulle marche e le tipologie di imballaggio che Helena recupera lo sono ancor di più perché ci forniscono dati preziosi per fotografare la situazione italiana e chiedere un sistema cauzionale“.

Anche Helena è d’accordo sul fatto che il sistema debba cambiare. Ma per prima cosa, ricorda, dovrebbe “cambiare l’atteggiamento delle persone“.

Cosa ci dicono i dati raccolti da Helena sui contenitori per bevande dispersi a Grezzago e aree limitrofe

Una premessa non citata nell’articolo è che Helena proviene da un Paese dove è in vigore un sistema di deposito cauzionale e che si augura con il suo lavoro di segnalazione di avere presto tale sistema anche da noi proprio per liberare il nostro paese da tali rifiuti.

In cinque mesi Helena ha raccolto 7154 contenitori per bevande abbandonati a Grezzago (4684), Trezzo sull’Adda (1622), Pozzo d’Adda (793) e altre località nelle vicinanze (55).

Di questi il 47,47% era rappresentato da bottiglie in plastica, il 29,33% lattine in alluminio, il 18,81% in vetro, il 3,76% in cartone per bevande e il restante 0,76% in materiale non identificato (figura 1).


La marca è stata indicata per 3702 dei contenitori raccolti ( parte delle bottiglie avevano perso l’etichetta oppure appartenevano a marche minori). Le 10 marche più comuni rappresentano il 66% del totale dei contenitori per cui è stata indicata la marca (Figura 2).

Tra tutti i contenitori raccolti, 2047 sono stati classificati come contenitori per soft drinks. Di questi, la marca è stata identificata per 1433 contenitori, di cui le 10 marche più comuni rappresentano il 94,42%.

Coca Cola con il 27,77% è la marca maggiormente presente nel littering.

Il lavoro di raccolta dati di Helena permette di fare una serie di considerazioni:

  1. Il fenomeno dell’abbandono degli imballaggi per bevande è un problema che si manifesta ovunque, sia nei luoghi urbani (dove la volontaria non opera nello specifico) che in tutte le zone dove c’è transito di persone, macchine e altri mezzi, oltre che cantieri di lavoro edili o agricoli. In alcuni casi si tratta di interi sacchi pieni di imballaggi abbandonati da utenze dei dintorni che non differenziano.
  2. Oltre alle bottiglie in plastica che sono i contenitori più presenti nelle raccolte di Grezzago e dintorni (circa 50%), sono state trovate anche molte bottiglie di vetro (birra) e lattine ( oltre 29%), nonostante esponenti di Assobirra e dei consorzi, in occasioni diverse, abbiano rispettivamente affermato che Birra e bevande in lattina si bevono nelle case e nel circuito Horeca, a giustificare che un sistema di deposito cauzionale non servirebbe da noi.
  3. Le marche più presenti tra gli imballaggi per bevande raccolti corrispondono alla classifica dei marchi best seller più presenti nel littering stilata durante campagne di Brand audit della coalizione globale Break Free From Plastic. Come rilevato dall’analisi dei dati riferiti a cinque anni (2018 – 2022) di Brand Audit esiste un rapporto di proporzionalità tra la quota di mercato coperta da una multinazionale e la presenza di imballaggi a marca propria abbandonati nell’ambiente, ovvero maggiore è la quantità di prodotti immessi sul mercato maggiore è la sua presenza nel littering. Coca-Cola continua ad occupare il primo posto sul podio.
  4. La maggioranza dei contenitori raccolti sono stati consumati “on the go” e abbandonati in loco invece che conferiti in cestini stradali, o portati a casa per differenziarli. Sia nel caso delle utenze prima citate che abbandonano interi sacchi, che nei casi dove i contenitori vengono abbandonati ove avviene il consumo manca una misura dissuasiva come una sanzione o un incentivo di ordine economico che spinga gli autori dei casi di abbandono a conferire correttamente gli imballaggi (oppure sollecitare l’intervento di un soggetto terzo che li raccolga per riscattare il valore del deposito abbinato al contenitore, come avviene nei paesi con un sistema di deposito cauzionale).

Helena Boers ha raccontato del suo impegno anche tramite un contributo video richiestole dal programma in lingua inglese Paparazzi di RAI Italia al minuto 32.

 

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